La Prof.essa Giuseppina Pavone su "L'ultima ribalta"
Professoressa Giuseppina Pavone:
Con immenso piacere sono riuscita a vedere la replica di “L’ultima ribalta - Recita dell’attore Attilio Vecchiatto nel teatro di Rio Saliceto” di Gianni Celati, che Vittorio Bonaccorso e Federica Bisegna della G.o.D.o.T. hanno presentato a Ragusa, sei repliche, pressoché tutte in ‘soldout’ per l’apprezzato livello della rappresentazione. Gianni Celati era scrittore poliedrico, dalla pungente ma raffinata ironia, a volte tenera altre volte paradossale, con spiccata attitudine alla sperimentazione; studioso fuori dagli schemi, adatta alla propria visione della letteratura l’orientamento della neo-avanguardia. Nel suo stile privilegia la narrazione, tra racconto e romanzo, parola e ascolto, oralità e immagine … (il suo “pensare per immagini” è in sintonia con la passione per la fotografia e l’interesse per il cinema!), aspetti che fanno da sfondo anche ai saggi e ai contenuti delle sue numerose interviste (“… si osserva davvero qualcosa solo quando si ha voglia di trasmetterlo ad altri”, Celati). Questo lo sfondo integratore da cui emerge la figura di Attilio Vecchiatto, attore italiano noto a livello internazionale per avere portato in non pochi teatri del mondo i suoi adattamenti shakespeariani che erano il suo cavallo di battaglia. Rimane per molti un personaggio avvolto nel mistero, quasi leggendario, a causa anche della sua misteriosa scomparsa dallo scenario culturale e sociale; da ciò il dubbio che sia veramente esistito, atteso che l’unica testimonianza della sua esistenza sembra essere questo lavoro di Celati (un gioco in bilico tra documento e finzione, tra pensiero e immaginazione?). Si apre il sipario: atmosfera quasi surreale, luci soffuse, la penombra avvolge la scena, sul palco due soli attori (Attilio/Vittorio, Carlotta/Federica). Scoprono che il teatro è deserto; inizia un ‘monologo a due voci’ che si protrarrà per tutta la durata dello spettacolo. È un fiume in piena Attilio, inveisce contro tutto e contro tutti con un attacco al modo di far teatro di questi tempi (è la messinscena … della messinscena, metateatro di terzo livello!). Carlotta cerca di dire la sua, ma parlano quasi in contemporanea, sovrapponendosi a volte, tra bisticci, parole a se stessi, silenzi, riflessioni ad alta voce, in un rapporto comunque simbiotico che si sviluppa attorno a un unico comune intento: il recupero della memoria di sé in un Paese che non ha memoria. Emergono le note nostalgiche per i successi di un tempo, ma anche gli attacchi accesi di Attilio per l’attuale società che sembra avere ribaltato i valori, trascurando l’arte e in particolare il teatro, e dimenticando l’importanza della parola. “Ah parlare parlare, parliamo sempre, parlano tutti, se si potesse smettere un po’... Non c’è modo di andare avanti, tutti parlano troppo”; e ancora “Questa recita non regge Carlotta. Ti dico che nessuno ci ascolta, amen, non me la sento di parlare parlare...”. Il cerchio si chiude, la declinazione della solitudine conclude il suo ciclo, Attilio e Carlotta tornano a sedersi sulla panchetta semovente che, come per magia, li porta fuori dalla scena. “Bisogna scomparire …”, una delle sue ultime battute. Celati ha prodotto questo importante testo, ma Bonaccorso e Bisegna lo hanno fatto vibrare; con una scenografia minimale (magia della regia di Bonaccorso!) hanno messo l’essenziale: la voce, il corpo, le espressioni, gli sguardi e l’indiscutibile competenza; sono credibili nel loro ruolo (vivono i personaggi, li hanno ‘incarnati’); in questo lavoro commuove e coinvolge la loro ‘nudità emotiva’: la sofferenza, i travagli, i tormenti … sembrano scolpiti nel loro vissuto, fedele specchio dell’immaginifico Gianni Celati. Interpreti eccezionali di un testo denso di richiami (detti e non detti) che rendono pregnante ciò che Celati voleva trasmettere, Vittorio è un perfetto Attilio che esprime, convincendo, l’amarezza, la frustrazione e la delusione per le sue passioni tradite; Federica magnifica Carlotta nel suo bilanciare l’equilibrio tra i due ruoli, facendo della sua apparente fragilità la forza del personaggio: l’uno non potrebbe esistere senza l’altra!
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