Il pubblico su "Il castello"
---
Danilo Amione
Una messinscena-omaggio assolutamente imperdibile!
Compagnia Godot di Bisegna-Bonaccorso.
Maison Godot Ragusa.
"Il castello", di Franz Kafka, progetto e adattamento di Federica Bisegna.
Scena e regia di Vittorio Bonaccorso.
Con Federica Bisegna, Vittorio Bonaccorso, Lorenzo Pluchino, Alessandra Lelii, Alessio Barone, Benedetta D'Amato, Cristiano Marzio Penna, Rossella Colucci, Andrea Lauretta, Mattia Zecchin, Angelo Lo Destro, Riccardo Massari.
Joseph K. giunge in un borgo nei pressi di un Castello, sito che domina su tutto e tutti senza che nessuno abbia mai avuto la possibilità di accedervi. K. afferma di essere stato convocato in quel posto misterioso e distante per prendervi servizio come agrimensore. In realtà, egli si trova in stato di bisogno e cerca di farsi ricevere per tentare di arrivare al suo obiettivo, farsi assumere. Non ci riuscirà mai, se non da morto...
Federica Bisegna adatta magnificamente l'ultimo incompiuto romanzo di Franz Kafka, uscito postumo nel 1926, a due anni dalla scomparsa del suo autore. La messinscena di Vittorio Bonaccorso omaggia lo scrittore boemo a 100 anni dalla scomparsa, con uno spettacolo che ad oggi, e siamo sul finire dell'anno dell'anniversario, è l'unico in Italia ad essere stato realizzato con questo scopo. Il tutto in sinergia con il convegno organizzato, negli stessi giorni della messinscena, dall'Università degli studi di Catania, sezione didattica speciale di Ragusa Ibla, e coordinato dal prof. Giuseppe Traina.
"Il castello", come spesso accade per le opere ultime dei grandi autori, è una sorta di compendio di tutti i temi cari a Franz Kafka.
La meta irrangiungibile di cui l'enorme edificio è simbolo e metafora insieme, l'organizzazione metafisica che la governa, rappresenta un potere invisibile e distante, che agisce attraverso una burocrazia labirintica, con la quale Joseph K. cerca, in continuazione, di entrare in contatto, ma ogni suo tentativo sembra fallire o essere ostacolato da incomprensioni e ostilità. Il tutto è stato interpretato in vari modi, soprattutto come una riflessione sulla difficoltà di comunicare, sulla solitudine dell'individuo e sulla tensione tra l'individuo e il sistema di dominio che sembra non avere alcuno scopo comprensibile. In realtà, nel tempo a queste interpretazioni se ne sono aggiunte altre di carattere metastorico e psicanalitico, che vedono nell'enorme edificio che si innalza verso il cielo una sorta di entità divina a cui l'Uomo nella sua piccolezza cerca di protendersi fallendo miseramente, perso in quei suoi limiti tutti "umani" che mai potranno portarlo oltre la soglia dell'intuizione. Adattare Kafka a teatro, come al cinema, è stata sempre una grande scommessa, talvolta vinta, vedi l'Orson Welles de "Il processo", 1962, e Polanski con la sua "Metamorfosi" teatrale, più volte ripresa nel tempo. Vittorio Bonaccorso e Federica Bisegna omaggiano questo gigante della letteratura di ogni tempo lavorando per quadri che si susseguono sulle tavole della Maison Godot. L'incessante entrare e uscire dalla scena di tutti i protagonisti, dai poveri ai privilegiati, dagli intellettuali agli uomini di potere, consente a Bonaccorso di tenere il pubblico incollato ad una trama che è fatta di parole che spesso si perdono nel vuoto tanto quanto sanno diventare efficaci al momento giusto. Joseph K., interpretato magistralmente dello stesso Bonaccorso, diventa così il collante di una realtà senza senso, in cui tutti sembrano essere vittime e carnefici di un sistema, prima di tutto mentale, che, anche necessariamente, l'Uomo ha dovuto mettere in campo per organizzare la propria sopravvivenza comune. Sta nel ritmo della messinscena la chiave di volta dell'azzeccata regia del regista ragusano. Il frenetico sommarsi di ragioni e nonsense porta alla risultante di una umanità condannata inevitabilmente alla follia elevata a sistema perchè unico modo per sopravvivere ad una incomunicabilità senza soluzione.
La cattiveria, il farsi del male l'un l'altro è una paradossale e dolorosa necessità che gli uomini sperimentano quotidianamente sulla propria pelle per tenere in piedi un mondo che altrimenti andrebbe in frantumi. La morte di K. avviene su un lettino da psicanalisi, con il protagonista che assume il volto dello "scarafaggio" Gregor Samsa de "La metamorfosi". L'ultimo respiro, la sintesi di una vita, è dentro un "Io" che non ci appartiene ma che siamo stati costretti ad indossare da sempre. E' così che Bonaccorso ha lasciato la sua impronta ad una messinscena coraggiosa e piena di testimonianza e riconoscenza per uno dei massimi interpreti della complessità dell'animo umano.
Tutti straordinari gli altri interpreti della pièce, impegnati a dare corpo e voce ad uno dei pensieri più alti di sempre.
---
Piero La Terra
La compagnia GodoT, orgogliosa di essere stata unica ad avere tributato un omaggio a Kafka, in occasione del centenario della morte, domenica sera, ha messo in scena IL CASTELLO.
Vittorio Bonaccorso ha felicemente interpretato e ha saputo rappresentare la continua e fallimentare ricerca della realizzazione lavorativa ed umana, sempre sfuggente, del Signor K.
Anima in pena, ha evidenziato la condizione e la confusione in cui si dibatte l'uomo moderno nonché la sua solitudine, l'inautenticita' e la condizione di " straniero".
Apprezzabilissima la recitazione di tutti gli altri attori su cui ha spiccato la figura del "sindaco", magistralmente interpretato dal giovane Alessio Barone.
L'adattamento, la regia, i costumi ed il trucco, come sempre, sono stati eccellenti.
Intenso il coinvolgimento emotivo degli spettatori che si sono aperti ad un applauso finale scrosciante e sentito.
Magia del teatro!
---
Cettina Cavalieri
Il Kafka di Federica e Vittorio... personificazioni ad alto livello irripetibile per "Il castello" . Avete trasmesso l'amaro della falsità e dell' asservimento granitici in contrapposizione ad una fede ostinata nella giustizia. Ho ammirato una Federica irriconoscibile in una superba interpretazione,e un Kafka sorprendente e reale per postura e mimica così tanto da suscitare tenerezza ! Vera pure la Colucci e bravi tutti i ragazzi. Certo che il dinamismo e la bellezza scenici assieme al brio musicale hanno fatto volare i minuti! Grazie infinite, Federica e Vittorio, per avermi fatto immergere nell' arte più pura e toccante, e grazie ancora per aver generato un lavoro sublime superando "paura e panico" h vi adoro!!!
Francesca Lelii
Opera mastodontica, il ‘Il Kastello’ di Franz Kafka portato in scena dalla Compagnia GoDoT, che ha saputo omaggiare una scrittura sapientemente artica ma allo stesso tempo stracolma di significati occulti, che ha saputo valorizzare un immaginario grottesco ai limiti dell’Assurdo a loro così caro, che ha saputo dotare ogni personaggio sulla scena di un bagaglio emotivo sorprendente, e che ha colto in pieno la portata straordinariamente enigmatica e rivoluzionaria di questo gioiello della letteratura.
Una tagliente e sottilissima satira sul Potere in senso assoluto e sul Potere nei suoi sensi relativi e relazionali.
Ancora in scena a Ragusa in Via Carducci nei fine settimana del 6-7-8 e 12-13-14 Dicembre.
---
Maria Rita Pluchino
Buona sera, sabato 30 novembre ho avuto il sorprende privilegio di assistere al vostro spettacolo Il Kastello. Nonostante abbia un ricordo angoscioso della lettura Metamorfosi di Kafka voglio congratularmi con voi per aver catturato la mia attenzione durante tutta la rappresentazione ed aver compreso meglio il pensiero di questo grande scrittore. Siete stati tutti bravissimi, in particolare Federica e Vittorio che reputo grandi Maestri della recitazione. Piacevolissimo l'incontro in sala con voi a fine spettacolo. Non ho mai avuto il piacere di scambiare una parola con gli attori a fine spettacolo ed è stata un'ulteriore gradevole sorpresa. Mi è piaciuto tutto dello spettacolo! Bravissimi! Non ero mai stata alla Maison Godot. Vi ho conosciuto questa estate per una rappresentazione, Il malato immaginario, al castello di Donnafugata.
Splendida! Anche il palco in verticale. Io non abito a Ragusa quindi, purtroppo, non potrò assistere a tutti i vostri spettacoli. Vi auguro buon lavoro e grazie.
---
Giuseppe Traina
La Compagnia GoDoT ama le sfide difficili e, probabilmente, meglio riesce proprio là dove si confronta con i classici più ardui da trasporre in teatro e dei quali rinverdire letture tutt'altro che scontate e, proprio per questo, attualissime. Ieri le "Operette morali" di Leopardi, oggi "Il castello" di Kafka. Confrontarsi con Kafka nell'anno centenario della morte credo sia stato sentito come una specie di dovere morale da parte di chi, come Vittorio K. Bonaccorso e Federica Bisegna, ha saputo, negli anni passati, consolidare la presenza sui palcoscenici ragusani dei grandi classici del teatro dell'assurdo, che rimangono, mi pare, le componenti fondanti della loro formazione e del loro repertorio. Da un romanzo complesso e di multiformi tonalità come "Il castello" l'adattamento di Federica e la regia di Vittorio hanno estrapolato i nuclei basilari, con scelte coraggiose di drammaturgia e di regia, valorizzandone le fondamentali componenti comiche ma anche i momenti di spaesamento e quasi di resa (penso agli sguardi più disarmati o più allucinati che l'Agrimensore K. di Vittorio restituiva a noi spettatori). E puntando, mi sembra giusto sottolinearlo, sulla straordinaria attualità del tema dello "straniero", che risuona martellante, dall'inizio alla fine, nel confronto, ora spietato ora mellifluo, tra i membri del villaggio e l'agrimensore. Un aspetto della nostra società che oggi la politica governativa preferisce affrontare con l'accetta ma che è stato, e continua a essere, affrontato anche con atteggiamenti più ambigui ma non meno razzisti nella sostanza. Se fossi un critico teatrale dovrei a questo punto lodare la puntuale efficacia dei costumi (con un plauso particolare ai vestimenti di Barnabas e degli aiutanti) e la commovente ingegnosità delle scenografie, sempre capaci di adattarsi anche agli spazi non ampi della Maison Godot. E plaudire alle capacità interpretative dei giovani e meno giovani attori che coralmente rispondono all'appello proposto da Kafka pagina per pagina. Bisognerebbe menzionarli uno per uno ma preferirei dire che tutti sono stati toccati nel profondo dalla parola di Kafka e, ciascuno a suo modo (chi in crescendo e chi in diminuendo), l'ha rilanciata verso la platea, con serietà, con convinzione, con profondità, con grande gioia. A beneficio delle intelligenze di noi spettatori; e del nostro divertimento.
---
Sebastiano D’Angelo
IL CASTELLO di KAFKA , messo in scena dalla Compagnia Godot.
Un'altra straordinaria prova di maturità di un gruppo teatrale che non finisce mai di stupire.Al di là del significato culturale dell'iniziativa, quello di rendere omaggio al centenario della morte dell'autore boemo, emerge un livello interpretativo in continuo miglioramento e crescita da parte di tutti gli attori, anche delle ultime leve, su cui emergono le figure iconiche di Vittorio Bonaccorso e Federica Bisegna. Un laboratorio di arte teatrale davvero degno di ogni encomio👏👏👏🎉🎉🎉🎊🎊🎊
Trucchi, costumi, scenografia, degni di palcoscenici ancora più prestigiosi che non quelli offerti da una città che non sempre mostra la dovuta attenzione per eventi di grande livello.
Geniale la trovata di casette mobili che servono a creare i diversi ambienti in cui si snoda la vicenda narrata dall'autore che, seppur datata, mostra una straordinaria attualità...nel rapporto di sudditanza che il semplice cittadino ha nei confronti di una burocrazia opprimente e vessatoria. Aggiungerei l'elemento più squisitamente culturale della celebrazione del centenario della morte di Kafka, cosa non comune e rara anche allargando l'orizzonte della ricerca in campo nazionale...
A me il lavoro è piaciuto tanto....degno di essere rappresentato anche in scenari diversi....anche per i molteplici significati educativi....
Spettacolo da vedere, nelle prossime repliche. Vedi locandina..
---
Emanuele Pluchino
Ieri 6 dicembre ho goduto dello spettacolo messo in scena dalla compagnia godot. Un termine strano "goduto" ma è quello che più rende per definire il mio stato d'animo nel vedere rappresentato "il castello" di Kafka. Grazie alla magistrale regia di Vittorio Bonaccorso e alla poliedrica interpretazione degli attori in scena, la rappresentazione è stata resa oggi più che mai attuale costringendoci, anche se, per un momento, a volgerci indietro e vedere quello che succede intorno e dietro di noi in tutti i contesti sociali. In una canzone di Lucio Battisti c'è una frase che dice "lo scopriremo solo vivendo" e così è stato per questo spettacolo per la verità che trasmette in un mondo così falso e dipendente dalle opportunità e dalla convenienza personale: "lo scoprirete solo vedendolo". da non perdere. Grazie godot.
----
Maria Grazia Tavano·
COLPITA! Sono rimasta piacevolmente investita da tutte le sfumature emozionali che uno spettacolo come il "Kastello", di F. Kafka (riadattamento di F. Bisegna, scena e regia di V. Bonaccorso) è riuscito a donare al pubblico.
Ieri sera ho assistito alla sempre maggiore bravura di tutti gli attori in scena della Compagnia GoDoT, ma soprattutto in quasi 2 ore al continuo cambiamento di clima e atmosfera in sala, passando dalla risata alla serietà per chiudere con la presa d’atto di ciò che già era stato individuato da Vittorio: "l allegoria di una umanità smarrita, che non sa quale direzione prendere, e che ha bisogno di credere ad un potere al di sopra di tutto il quale assoggetti la vita e il destino di ognuno".
Un gran capolavoro è questo spettacolo!
---
Paola Stella
Carissimi Federica e Vittorio e tutta la Compagnia GoDoT, ho appena assistito al vostro magnifico, suggestivo, interessante lavoro Il Kastello di Kafka, in occasione del centenario della sua morte. Mi è piaciuto così tanto che non sarei più uscita dalla vostra Maison GoDot e sarei ancora rimasta incollata alla sedia. E poi, alla fine, quella bella atmosfera che si è creata fra voi e noi pubblico, così magica e intima, con applausi a non finire e interventi spontanei di apprezzamento da parte del pubblico, come quello di Gino Carbonaro...
Sono stata completamente presa per tutto il tempo dai dialoghi, dalle scene, dai costumi, dalle musiche.
Ma chi l'ha detto che Kafka è pesante?
Vittorio e Federica, l'uno per la regia formidabile e per la somma recitazione e l'altra per l'interessante adattamento del testo, i costumi, e le stupende interpretazioni, ogni volta riuscite a rendere coinvolgente qualunque opera, sia essa tragica o comica.
Il vostro segreto, come del resto quello di tutti i grandi, ognuno nel proprio campo, è non solo il grandissimo impegno che mettete ma soprattutto quello di impadronirvi profondamente del pensiero dell'autore e del suo testo, per quanto complicato e impegnativo sia, tanto da renderlo facilmente comprensibile a tutti quando è il momento di metterlo in scena. E Il Kastello di Kafka è uno di questi.
Ma voi, essenzialmente tu, Vittorio, in qualità di regista, sai come alleggerirlo, aggiungendo delle sfumature comiche, per esempio la camminata dell'ostessa-Federica, curando i minimi particolari e imprimendo il giusto ritmo.
Con la tua regia, Vittorio, il ritmo è infatti elevato e questo fattore unito alla grande qualità della recitazione di tutti i vostri attori, al loro movimento sul palco, al frequente cambio delle scene, alle entrate anche attraverso il corridoio fra il pubblico fanno sì che neanche Kafka si riveli pesante.
Geniale il castello mobile, grandissimo, imponente sul palco, sempre presente eppure irraggiungibile, come un sogno. Straordinari i dialoghi, apparentemente senza senso, ma essenziali per fare entrare lo spettatore nei vari personaggi e portarlo in un mondo dell'assurdo.
Assurdo, certamente caricaturizzato, ma non troppo lontano dalla realtà, anche quella attuale, che riguarda l'organizzazione labirintica delle varie amministrazioni e l'incapacità di comunicare fra le persone.
(Assistiamo, ogni qualvolta si insedia un nuovo Governo, ai vari tentativi di snellimento della burocrazia...)
Bravissimi gli attori, ognuno nel suo ruolo, a rendere palpabile sia con le espressioni dei volti sia con le parole quel sentimento, forse innato nell'uomo ma del tutto irrazionale, della diffidenza e del malanimo verso lo "straniero" di turno. A questo proposito ho apprezzato moltissimo nella sua mimica la bravissima Rossella Colucci.
Questa pièce mette in evidenza alcuni atteggiamenti negativi dell'uomo quali l'arroganza, per esempio nel sindaco, l'eccellente Alessio Barone, oppure la cattiveria nel maestro, il bravissimo Lorenzo Pluchino , la viltà servile nel nipote del custode, l'ambiguità e la furbizia nel signor K, il grande Vittorio, ma emergono a tratti anche sentimenti positivi quali il senso dell'amicizia in Barnaba, il messaggero, o il sentimento protettivo materno, nell'ostessa nei confronti di Frieda, o anche una certa purezza d'animo, in Frieda, una dolcissima Benedetta D'Amato e così via.
I miei complimenti di cuore a tutti voi, ovviamente anche a quelli che non ho citato, e grazie sempre per le opportunità di arricchimento personale che mi offrite.
---
Gino Carbonaro
Centenario Kafkiano - Il Kastello
Gruppo Teatrale GODOT
Impressioni e Commento
di Gino Carbonaro
Ieri sera, io, Gino Carbonaro, ho toccato con mano il concetto di cultura. E l’ho vissuto in via Carducci 263, a Ragusa, assistendo alla interpretazione della pièce teatrale il Kastello di Kafka, portata in scena dal gruppo teatrale GoDoT. Un incanto che mi ha fatto riflettere non poco sul concetto di Teatro, richiamando alla memoria una frase di Mozart. Si racconta che il grande autore austriaco, quando rileggeva gli spartiti della sue composizioni, si chiedeva come sarebbe stata la interpretazione di quelle sue creazioni consegnate a un direttore di orchestra che li avrebbe fatti ascoltare in teatro. Io avevo letto il Kastello di Kafka anni fa, e la mia attenzione era rimasta concentrata sul tema di un Kastello, che un uomo non riusciva a raggiungere, bloccato da un castello burocratico di parole di una balorda burocrazie di regole e leggi che le impedivano di raggiungere l’obiettivo. Ma, nel dramma di Kafka trovavo solo le parole senza immaginare come sarebbe stata la sua interpretazione teatrale. Ed è qui che io ho potuto valutare la bellezza e grandezza teatrale dell’opera, ma soprattutto del gruppo GoDoT: del suo regista e dei suoi collaboratori. Ora, in questo piccolo teatro prima della apertura della tenda(?): Luci spente. Buio. Silenzio. Poi,un musica e luci accese, e subito dopo, a sorpresa, una scenografia stupenda e movimento di carton-gessi che davano l’idea di un castello. Poi? Apparizione di personaggi. All’inizio del dramma (in apertura), sulla scena non c’era nulla che fosse stato indicato nel dramma originale scritto dda Kafka: adesso, su questa scena tutto era nuovo, originale, ricco di emozioni. E proprio qui si registrava la bellezza del Teatro come opera d’arte: luci, musica, scenografia, vestiario, trucco, dialoghi fra attori veri, e soprattutto (soprattutto!) la gestione del “movimento” che non è parte dell'opera riportate su carta da drammaturgo cecoslovacco, e neppure previsto nel piccolo spazio (chiuso) della scena. Qui, invece, chi crea, chi coordina e dirige (il Regista) scopre e applica un movimento di arte nuovo, una sorta di musica visiva inserita sulla scena, con attori che escono dallo spazio teatrale e vi rientrano in una azione continua. Così, chi parla e recita dà corpo alle parole e vita al tutto. E questi sono gli attori del gruppo. Attori stupendi. Tutti. Interpreti che hanno dato anima al dramma (mentre io davo loro un 10 e lode).
Chiudo (ripetendomi), che ieri sera, in questo spazio Teatrale ho vissuto per merito di questo potente gruppo di amanti del Teatro chiamato GoDoT momenti di cultura altissima, potenziata da tutte le forme di arte. Tutte.
Rosa Giaquinta
Rappresentare l'opera di uno scrittore della grandezza di Kafka non è semplice.Autore dell'introspezione, dell'angoscia del vivere complicata dall'incomprensibile della esistenza stessa, quali norme sociali, regole, burocrazia, viene mirabilmente raccontato dalla Compagnia Godot. Impeccabile la sceneggiatura, la regia e la recitazione degli attori. Non potevamo assistere a spettacolo migliore quale rappresentazione dell'opera di uno dei più grandi scrittori del XX secolo! Grazie
---
Stefania Campo
Per chi non lo avesse ancora visto, vi invito ad assistere allo spettacolo della Compagnia GoDoT "Il castello", che mette in scena l’ultimo incompiuto romanzo di un gigante della letteratura, Franz Kafka. Un’opera, non facile, che la Compagnia Godot porta sul palcoscenico con progetto e adattamento di Federica Bisegna e regia di Vittorio Bonaccorso. Uno spettacolo che, con assoluta leggerezza, omaggia magnificamente lo scrittore boemo a 100 anni dalla scomparsa. Il protagonista, il signor K., si ritrova immerso in un contesto tanto assurdo quanto dominato da un potere oscuro, reso ancora più potente da una burocrazia lenta e confusa che va avanti per rimpalli di responsabilità. Ma chi può dire che ci siano veramente responsabilità? Lo scaricabarile scagiona l’eccentrico e insulso sindaco del borgo. Un sistema incomprensibile, inaccessibile che, a distanza di un secolo, risulta spaventosamente attuale. “Il castello” di Kafka, riadattato dalla Compagnia Godot, è una tagliente e sottilissima satira sul Potere che cerca di utilizzare la burocrazia per le proprie trame. Per alcuni la burocrazia è labirinto, per altri la burocrazia è solo una quinta di teatro dietro cui prepararsi al gran balzo sul palcoscenico pubblico. Dopo il bel successo del debutto, lo spettacolo andrà in scena alla Maison GoDoT dal 13 al 15 dicembre (venerdì alle ore 20.30, sabato alle ore 21.00 e domenica alle ore 18.00).
---
Cinzia, Salvatore e Pietro
Buon pomeriggio. Abbiamo assistito alla splendida rappresentazione de "Il castello" di sabato scorso. Temeraria scelta di rappresentare un autore non conosciutissimo, ma ancora una volta siete riusciti ad attualizzare le tematiche messe i scena; in modo particolare le lungaggini e le pastoie burocratiche di cui tutti ne siamo vittime coscienti, nonostante la digitalizzazione che dovrebbe "agevolare" "IL PROCESSO". Complimenti.
---
Giuseppina Tesauro
Faccio a tutti voi i miei complimenti per questa grande interpretazione. Direi quasi un'altra vostra grande scommessa vinta alla grande. Ormai state "viziando" il pubblico che vi segue ad aspettarsi da voi sempre nuove sfide che superate con la vostra bravura e professionalità, ed è proprio nelle scelte fuori dal canonico cartellone teatrale che si evince la vostra voglia di fare teatro sempre più ad alto livello. Come sempre i miei più sentiti complimenti a tutti voi. lo spettacolo è stato davvero molto interessante e soprattutto curato come sempre nei dettagli, che occhi critici e attenti sanno cogliere, come la maschera alla fine ad esempio. Uno spettacolo che merita
---
Giuseppina Pavone
"Spettacolo eccezionale: adattamento e interpretazioni incommensurabili, regia al di là di ogni ragionevole aspettativa"
IL CASTELLO, di FRANZ KAFKA
COMPAGNIA G.o.D.o.T.
Progetto e adattamento di Federica Bisegna
Scene e regia di Vittorio Bonaccorso
Cast: Alessio Barone, Rossella Colucci, Benedetta D’Amato, Andrea Lauretta, Alessandra Lelii, Angelo Lo Destro, Riccardo Massari, Cristiano Marzio Penna, Lorenzo Pluchino e Mattia Zecchin.
Maison G.o.D.o.T. - Ragusa
30 novembre/1-6-7-8-13-14-15 dicembre 2024
di Giuseppina Pavone
Ardua impresa cimentarsi nella rappresentazione teatrale delle opere di Kafka! Ma la GoDoT ama le sfide e, con caparbio impegno e, soprattutto, con una ampiamente sperimentata competenza, porta in scena “Il Castello”, ultima opera di Kafka rimasta incompiuta.
Kafka, nato a Praga nel 1883, apparteneva a una famiglia agiata e ricevette una buona educazione, frequentando scuole tedesche della capitale (conseguì il titolo di ‘Dottore in legge’), entrando poi a far parte della minoranza di ebrei di … una minoranza. Questi elementi etnico-sociali, seppur esigui, sono necessari per inquadrare la prima collocazione di Kafka nella letteratura europea del Novecento, nel cui contesto esprime un’attività di eccezionale compattezza e coerenza … nell’essere paradossalmente anomala, basata, però, su un considerevole numero di dati storici che hanno certamente avuto forte potere caratterizzante.
Personalità complessa, animo tormentato, non privo di una certa ambiguità spesso presente nelle sue opere … caratteri che fanno emergere tutti una sua pressoché costante sensazione di malessere. Cattura, comunque, l’attenzione del lettore o dello spettatore, coinvolti in una sorta di immedesimazione personale in situazioni vissute come familiari e, nello stesso tempo, come estranee ("perturbanti", potremmo definirle con Freud) che fanno sperimentare una delle più complesse e complete rappresentazioni letterarie dell'assurdo.
E proprio la complessità del mondo dell’assurdo e, nello specifico, del mondo kafkiano, non potevano non affascinare la Compagnia GoDoT che, spinta dalla passione per il Teatro, progetta e realizza la rappresentazione scenica dell’ultima opera di Kafka, Il Castello, per omaggiarne il ricordo nel centenario della sua morte.
Semplice la trama: l’agrimensore K. (alias Vittorio Bonaccorso) giunge in un villaggio posto ai piedi di una collina, in cima alla quale si erge un castello, simbolicamente rappresentativo di un potere che domina su tutto. K. viene accolto con ostilità e diffidenza sia dai signori burocrati della zona, sia dagli stessi abitanti del villaggio che si uniformano, senza reagire, a leggi offensive della ragione e della morale. Viene abbandonato anche da Freeda, che K. voleva sposare. Finalmente un funzionario del castello, incontrato in un albergo, si offre di aiutarlo, ma K., apparentemente addormentato, non lo sente arrivare, solleva il busto dal letto su cui giaceva e appare con una maschera che cerca di strapparsi dal viso, gesto simbolico di un uomo che, ormai alla fine dei suoi giorni, non vuole rinunciare a essere sé stesso, un uomo praticamente morto di burocrazia!
Pur mantenendo integro il testo originale, la GoDoT lo fa suo: la magistrale regia di Vittorio Bonaccorso e l’estrosa creatività di Federica Bisegna delineano una narrazione che rispecchia il profilo psicologico, oltre che letterario, di questo straordinario scrittore.
Molteplici i ‘metalinguaggi’ utilizzati:
• Il visivo/scenografico: geniale l’idea dei pannelli semoventi riproducenti le case del villaggio (opera dell’eclettico Bonaccorso), che, se da una parte rispondono a un criterio di maggiore funzionalità nell’utilizzo dello spazio, nello stesso tempo sembrano sottolineare il senso di smarrimento e disorientamento che aleggia durante tutto lo svolgimento delle diverse azioni
• L’adeguatezza dei costumi e del trucco, perfettamente coerenti con il periodo storico e con il ruolo ricoperto (un’artista Federica Bisegna!)
• L’utilizzo del corpo: i movimenti, la mimica, i sorrisi e le smorfie, la gestualità …
• L’intesa di gruppo, che opera come un unico corpo recitante, senza incertezze o discrasie di coordinamento
Sono tutti elementi che trasmettono competenza, serietà e un rilevante livello culturale.
Vittorio Bonaccorso, superbo interprete dell’agrimensore k., dà il meglio di sé, rendendo viva ed esplicita la travagliata vicenda di K.; l’autenticità interpretativa palesa il senso metaforico di tutto il lavoro: inquietudine, amarezza, delusione, incredulità, smarrimento, sentimento di impotenza umana … sono stati d’animo che Vittorio riesce a trasmettere con i suoi eloqui concitati che esprimono l’enorme disagio di fronte a persone indifferenti che non perdono occasione per rimarcare il suo essere “straniero”, anche se nella realtà è lui stesso a ‘sentirsi straniero’, ristretto nel mondo (non si può non pensare ad altri scrittori dopo di lui, come Camus o Buzzati che hanno trattato lo stesso tema).
Il ‘Castello’, in definitiva, è un obiettivo immaginario, metafora di un sogno da realizzare per sentirsi legittimato a essere parte attiva nel mondo. E Vittorio, con la sua convinta e appassionata interpretazione, fa emergere con forza l’anelito di Kafka verso una vita autentica in armonia con il mondo (“Noi – scrisse Kafka – siamo peccatori non solo per aver assaggiato l’albero della scienza, ma anche per non aver ancora assaggiato l’albero della vita”).
Una magnifica Federica Bisegna, poi, quasi irriconoscibile nella sua ‘mise’ che la rende una credibile riproduzione del ruolo rivestito, perfetta l’interpretazione della mamma della giovane Freeda, amorevole, ma furba.
Che dire del cast! Una dimostrazione di eccellente professionalità, acquisita con un serio impegno di studio che ha consentito a ciascuno dei componenti il raggiungimento di un elevato livello di maturità artistica, oltre che personale.
La GoDoT, in toto, può essere considerata, senza ombra di smentita, un’eccellenza del nostro territorio.
---
Joana Mankolli Memushaj
Recensione dell’interpretazione del “Castello” di Franz Kafka dalla Compagnia GoDoT
L’interpretazione dell’opera Il Castello di Franz Kafka, in tutte le sue versioni teatrali, cinematografiche e letterarie, continua a suscitare un fascino misterioso, frutto della complessità psicologica e sociale che permea il romanzo. Ogni adattamento tenta di rendere l’atmosfera surreale e claustrofobica che è tipica della narrazione kafkiana, ma l’abilità dell’interprete sta nel cogliere le sfumature più sottili, i contrasti tra il desiderio di ordine e l’impossibilità di raggiungerlo.
In particolare, una delle interpretazioni più riuscite è quella che riesce a far emergere la dimensione esistenziale e angosciosa dell’opera. Il protagonista, K., Vittorio Bonaccorso giunge in un villaggio dove il Castello, una struttura imponente e misteriosa, rappresenta l’epicentro di una burocrazia opprimente e incomprensibile. Con grande capacità attoriali Vittorio K. Bonaccorso che riesce a incarnare il ruolo di K. non solo deve confrontarsi con l’inadeguatezza del personaggio, ma deve anche trasmettere la sensazione di essere intrappolati in un sistema che non offre vie di uscita, dove ogni tentativo di comunicare con l’autorità o di comprendere il funzionamento del Castello sembra destinato al fallimento.
Un altro aspetto centrale nell’interpretazione è la disillusione crescente di K., la sua lotta per ottenere riconoscimento e accesso ai poteri che governano il villaggio. L’attore deve saper dosare la tensione tra speranza e disperazione, restituendo al pubblico l’assurdità di una burocrazia che non risponde mai, che non spiega mai nulla, ma che in qualche modo segna la vita di ogni personaggio. La relazione tra K. e i vari abitanti del villaggio è spesso ambigua, con un senso di alienazione che si acuisce man mano che K. tenta di districare la matassa.
Le scenografie, in un buon adattamento, dovrebbero rispecchiare la confusione e l’isolamento del protagonista, con l’immagine del Castello che assume un ruolo simbolico fondamentale. Ma è l’attore che, attraverso il suo sguardo, i suoi gesti e la sua voce, trasmette la vera essenza di questa solitudine: K. non è mai solo fisicamente, ma è sempre in preda a una solitudine ontologica, una separazione dalle istituzioni, dalle persone, dalla realtà stessa.
Un’interpretazione che riesce a cogliere la dimensione del Castello come un luogo non solo fisico, ma psicologico, che rappresenta le paure, le insicurezze e le speranze infrante del protagonista, permette al pubblico di vivere sulla propria pelle l’assurdità del mondo kafkiano. Il vero genio di un adattamento sta proprio nella capacità di evocare il clima opprimente e senza speranza dell’opera, senza però rinunciare a un messaggio di riflessione profonda sulla condizione umana, sulla lotta per il riconoscimento e sul confronto con il potere.
In conclusione, un’interpretazione del Castello che riesca a rispettare la filosofia dell’opera kafkaiana, fatta di incertezze e di tragiche incomprensioni, non solo sarà fedele al testo, ma riuscirà a creare una connessione emotiva con il pubblico, trasportandolo nel cuore di un universo dove le risposte sono sfuggenti, ma le domande sono perenni.
---
Pinangela Rozza
Bravissimi ieri sera mi avete fatto riflettere sui tanti castelli in cui mi sono imbattuta nella mia vita, alcuni dei quali ancora incombono È stata una esperienza molto coinvolgente mi avete e fatto riflettere sui tanti castelli in cui mi sono imbattuta nella mia vita, alcuni dei quali ancora incombono, perché li trovi in tanti ambiti apparentemente diversi. In questo mondo impazzito dove ci vogliono ridurre a copie omologate e assolutamente non pensanti, c'è tanto bisogno di arte e bellezza. Grazie Compagnia GoDoT ci date sempre tanto e questa volta siete stati assolutamente eccezionali. Con una trasposizione originale avete reso accessibile un testo non certo leggero e ci avete anche divertito con un'ironia amara e grottesca insieme. Immensi!👏👏👏
---
Lucia Ravalli
Carissimi Federica, Vittorio e gli attori tutti della GoDoT, innanzi tutto mi scuso per non essermi potuta soffermare e complimentarmi con Voi (ci aspettavano a cena😅...) Eccezionali come sempre, anzi ancora di più. Non sono brava nelle recensioni, posso solo dire che siete talmente bravi da riuscire ad alleggerire anche i testi più pesanti oltre x l'eccezionale recitazione anche x l'originale scenografia, i costumi bellissimi ed appropriati, la superba regia di Vittorio che ha saputo trasmettere chiaramente i messaggi precursori sempre veritieri ed attuali nella ns. Società. Avrei tanto da dire ma già tutto è stato detto da altri più bravi di me..... Bravissimi tutti, 👏👏👏👏👏
---
Carmelo Bracchitta
Il Castello, FRANZ KAFKA.
Compagnia teatrale GoDoT
Maison GoDoT.
É quantomeno stupefacente che il centesimo anniversario della morte di un GIGANTE della letteratura mondiale sia passato in silenzio nei più prestigiosi e importanti palcoscenici nazionali.
É quantomeno stupefacente che in un piccolo spazio teatrale ai confini dell'impero sia stata data l' unica testimonianza di omaggio al genio dell' angoscia esistenziale di un' umanità schiacciata tra il bisogno di darsi una organizzazione efficiente e la grottesca infernalitá di un sistema che della carne dell' uomo non sa cosa farsene.
Non stupisce affatto che il risultato di questa complessa operazione culturale sia un successo in termini di prodotto.
Un successo nella puntuale scrittura dell'adattamento teatrale.
Un successo nella regia di un testo indomabile sfuggente preziosamente denso degli universali della CONDIZIONE UMANA e tuttavia reso con una assoluta ricchezza di citazioni, rimandi, trovate sceniche costumi e musiche che ne fanno un altissimo tentativo riuscito di restituzione dell'opera.
Certo un lavoro faticoso, impegnativo, lacerante ma supportato da un gruppo di attori, tecnici, tecnici-attori di grandissimo livello.
Persone disposte a seguire e se possibile arricchire quanto elaborato dalla sapiente regia.
Non è stupefacente che questa IMPRESA sia passata quasi inosservata in una realtà purtroppo poco incline ad omaggiare tutto ciò che non è EVENTO, PARATA, MESCHINA MONDANITÀ.
La provincia non risponde a stimoli culturali se non c'è il GRANDE NOME o meglio ancora il BUFFET.
Noi continueremo a saziarci di una gargantuesca proposta Culturale.
Continueremo a deliziarci delle continue scoperte e piacevolezze della Maison GoDoT senza rimpiangere i GRANDI NOMI, gli EVENTI e i BUFFET.
---
Evelina Giacchi
Quando uno spettacolo, non propriamente "a portata di bambino", innesca poi di fatto riflessioni sia per la mamma che per la figlia... Grazie Compagnia GoDoT!. Ieri, 14 Dicembre, ho avuto il piacere di assistere a "Il Castello" di Franz Kafka, portato in scena dalla compagnia G.o.d.o.t. Ero un po' scettica a vederlo, soprattutto con mia figlia di 8 anni (non mi ero mai avvicinata ad un autore come Kafka) ma la bravura di Vittorio nel calarsi nei panni del Signor K. e l'adattamento dell'immensa Federica hanno reso questo spettacolo comprensibile a tutti ed alla portata di tutti. La scelta di portare in scena un tale pezzo è stata audace ma penso che abbia condotto tutti i suoi spettatori ad una riflessione molto più profonda. Siamo tutti un po' come il Signor K. e le lacrime di Vittorio alla fine sono l'esempio di quanto il signor K. lo abbia "segnato" (hai cercato di camuffarle ma ti abbiamo visto!). Nella vita di tutti i giorni, piccole o grandi che siano, "istituzionali" o personali, combattiamo delle battaglie o delle rivoluzioni contro burocrati (veri o immaginari) che complicano tutto quanto ed abbiamo avuto tutti a che fare con un signor Klamm, introvabile e con il quale risulta impossibile avere un contatto. Riflesso di tutto ciò è la solitudine con la quale si conducono queste lotte, specchio della solitudine dell'era moderna. Il danno oltre la beffa è il vedere che i riconoscimenti ed i risultati si vedono postumi quando ormai servono a ben poco. Che dire... La metafora di ciò che accade nella vita, non poteva essere espressa in maniera più perfetta già più di cento anni fa! I complimenti sono a dir poco superflui per una compagnia di talento e con tanti talenti che con una scelta così audace ha dimostrato, ancora una volta, il suo VALORE! Vi chiedete perché nessuno abbia celebrato il centenario della morte Kafka? La risposta è semplice... PERCHÉ NESSUNO SAREBBE STATO IN GRADO DI FARLO CON TALE BRAVURA E SPESSORE, RESTITUENDO COSÌ AL SUO PUBBLICO!
---
Prof.ssa Petrolito
Bravissimi tutti. È stato un piacere. Complimenti ad attori, ma soprattutto alla signora Bisegna che ha fatto un lavoro importante e a Bonaccorso che è stato un gigante della recitazione.
---
Mariangela Antoci
Finalmente all'ultima replica è arrivato il mio momento, pieno di aspettative cresciute in tre settimane leggendo commenti incredibili! Ed, in effetti, è stato strabiliante come dall'interno di un piccolissimo spazio il palcoscenico con le sue scenografie sfiorasse noi spettatori, quasi inglobandoci, rendendoci un tutt'uno con gli abitanti del villaggio e col magistrale signor K.
L'anonimo "straniero" che guadagna rispetto non perché persona ma perché una chiamata decide che lui è un signor "qualcuno". La fatica del signor K., che tutti conoscevano in quel villaggio e di cui "si sapeva", è la stessa che, credo abbiamo provata in tanti, la disillusione, lo scoramento che ha portato alla sua resa, altrettanto. Ad un certo punto il signor K.si piega alla volontà altrui accettando un compromesso, sperando di prendere tempo e poter dimostrare così il suo essere un bravo lavoratore e arrivare all'agognato Castello. In verità il compromesso ha solo "compromesso" ulteriormente la sua vita e la sua posizione. Bisogna, allora, alzare la testa rendendosi consapevoli. Grazie Compagnia GoDoT! Costumi e scene che, come sempre, arricchiranno il futuro Museo GoDoT.❤️
---
Maria Luisa Distefano
A voi tutti della Compagnia GoDoT affettuosa stima e ammirazione per questa rappresentazione, che ha raggiunto livelli elevati per i diversi contenuti dei messaggi, trasmessi con linguaggio semplice ma certamente educativo e formativo.
Ogni personaggio è il risultato dell' interiorizzazione emotiva che è stata fatta con amore, come sempre. Davvero eccezionali e insuperabili tutti. Un elogio particolarmente affettuoso a Vittorio e Federica .👏❤️👏❤️
I Greci sapevano che il teatro è a fondamento della cultura in quanto scuola di riflessione e di pensiero. Ed in effetti ad Atene Pericle fece del teatro la "scuola pubblica" dei suoi concittadini, ovvero il mezzo con cui stimolare la riflessione ed apprendere i valori etici, sociali e politici su cui costruire la democrazia, tant'è che istituì la retribuzione, il theorikon, per coloro che si recavano ad assistere alle tragedie e alle commedie messe in scena presso il teatro di Dioniso sull’Acropoli.
Ed invero Atene fu la patria dove fiorirono le grandi tragedie greche di Eschilo, Sofocle ed Euripide, ma anche le commedie e su di esse si formò l'humus culturale, da cui ha tratto origine il pensiero che ci accomuna in quanto occidentali.
Ragusa, pur non svettando tra i primi posti nella classifica della qualità della vita, si pone comunque al primo posto tra le città siciliane, e mi piace pensare che questo significativo risultato rispetto alle altre città dell'isola, sia opera tra l'altro della effervescente attività teatrale che presenta varie compagnie e vari ed interessanti cartelloni. C'è in città un teatro che accoglie varie compagnie a livello nazionale e che, pertanto, ci immette nel circuito teatrale nazionale di tutto rispetto, ma ci sono anche tantissime compagnie che propongono i loro spettacoli che, così facendo, onorano la nostra città, la più piccola provincia, ma la prima in Sicilia per qualità della vita, nonostante, nonostante, nonostante.
Ieri sera ho partecipato con grande interesse alla messa in scena dell'ultima opera scritta da Franz Kafka, l'autore praghese di cui ricorre quest'anno il centenario della morte. A mettere in scena, quello che è un romanzo e non un'opera teatrale, la Compagnia "Godot" che vede nei maestri Federica Bisegna e Vittorio Bonaccorso gli artefici di un impegno costante verso il mondo teatrale, avendo creato una vera e propria scuola di recitazione. L'opera di Kafka è stata resa teatrale dall'impegno di Federica Bisegna, mentre il personaggio di K è stato mirabilmente reso da Vittorio Bonaccorso .
Che dire? Sto forse arrivando ultima nel proporre la mia riflessione sullo spettacolo, ma desidero sottolineare come la Compagnia abbia reso brillantemente il pensiero dell'autore e suscitato la riflessione tra gli spettatori. Intanto hanno impostato l'opera secondo l'interpretazione di Benjamin e di Adorno, i "miei filosofi" della Scuola di Francoforte, che hanno visto nell'arte un veicolo per sottolineare il rapporto tra l'uomo e la società.
Splendido a questo proposito il movimento scenico dei palazzi che circondano minacciosi l'individuo o che formano barriera per difendersi dal mondo esterno che abbia l'ardire di profanare il piccolo villaggio e ancor di più interessante quel sottolineare che non vogliono "estranei" nel loro mondo, neppure quegli "estranei" che possono arrecare vantaggi lavorativi ed economici, con un chiaro riferimento al nostro presente che tende ad alzare barriere o a depotenziare ciò che di positivo l'altro può apportare.
Interessante la presenza scenica del "Castello" che incombe come una nuvolaglia minacciosa su tutto e su tutti. Il Castello è inavvicinabile, misterioso ed angosciante, come quei totalitarismi che, quando Kafka scriveva l'opera, si stavano affermando con le loro regole prive di logica umana e i loro riti, tanto più assurdi quanto più inumani, e sempre più alienanti.
Inoltre emerge per antitesi la figura della donna, priva di spessore umano, ma solo usata per i capricci sessuali di chi ha potere grazie al Castello.
Desidero sottolineare anche la scelta scenica operata dai direttori artistici di infrangere la "quarta parete" per coinvolgere gli spettatori in un unicum che va ben oltre la sola rappresentazione teatrale, quasi a sottolineare quanto diceva Levi "meditate che questo è stato" e quindi siate vigili perché quello che rappresentiamo in chiave metaforica è la realtà che si evolve in un certo modo e solo l'intervento di tutti i cittadini - politei potrà impedire che il Kastello diventi il nostro futuro.
Bellissima la scena finale in cui vedo chiarissima l'opera di Federica Bisegna, visto che Kafka lasciò l'opera incompiuta, sopravvenendo la morte.
Un plauso a tutti gli interpreti, ed in particolare, lasciatemi questo piccolo vezzo, visto che si tratta di un mio caro ex studente, a Lorenzo Pluchino, che trovo sempre più bravo nella sua attività di attore.
Una riflessione finale: durante lo spettacolo non ho potuto fare a meno di pensare che questa splendida Compagnia teatrale non ha alcun sostegno da parte delle autorità, mentre, così come abbiamo avuto modo di sapere, e più procure stanno indagando in merito, la Regione finanzia "ad muzzum et cavoli ad mazzum" compagnie che hanno il pregio di essere "cosa loro" di taluni politici.
---
Il Castello - Kafka
Arrivo allo spettacolo un pizzico prevenuta perché il Castello è uno dei miei libri culto e qualunque rimaneggiamento é, per me, una profanazione - considerate che ho scelto di studiare tedesco per poter leggere Kafka, Hesse e Goethe in lingua originale, tanto li amavo. Ho detto che ero solo "un pizzico" prevenuta perché, pur consapevole della grande difficoltà di trasformare un'opera narrativa complessa quale Il Castello in un testo teatrale, ero certa che Federica Bisegna lo avrebbe reso al meglio.
Inutile dirlo: la Compagnia GoDoT supera sempre le aspettative e stavolta più che mai. La loro capacità di penetrare il testo e di restituirlo al pubblico nella sua essenza è superlativa. In appena due ore riescono a condensare un libro lungo ed elaborato in parole, frasi, gesti che rendono perfettamente l'idea del castello come entità oscura e ostile che tutto sovrasta e dell'uomo, "nudo e solo sulla terra", che lotta fino allo stremo delle sue forze contro un potere impenetrabile e irraggiungibile.
Vittorio K. Bonaccorso, nel ruolo di K., ha saputo incarnare con precisione la tenacia, la frustrazione e l'impotenza di un uomo che tenta invano di trovare il proprio posto in un sistema burocratico incomprensibile.
Vittorio ci ha offerto una performance equilibrata e controllata, riflettendo con grande intensità la determinazione del personaggio unita a un progressivo senso di smarrimento. La recitazione, mai sopra le righe, ha restituito un K. lucido e coerente, pur nella sua ossessiva ricerca di un contatto con l'incomprensibile autorità del Castello. Gli altri interpreti, dai messaggeri ambigui ai funzionari enigmatici, hanno contribuito a costruire un senso di realtà distorta, in cui ogni figura sembra incarnare un enigma irrisolvibile.
Benedetta D'Amato (Frieda), propone una interpretazione intensa e sfaccettata, riuscendo a dare profondità a un personaggio ambivalente. Frieda, da un lato simbolo di un'illusione di vicinanza al potere attraverso il suo legame con il Castello, dall’altro figura fragile e tormentata, è rappresentata con una recitazione sobria ma espressiva. Il suo rapporto con K. è portato in scena con una tensione palpabile, alternando momenti di dolcezza a scatti di insofferenza, suggerendo così la precarietà e la dicotomia della sua posizione all'interno della storia.
L'ostessa, invece, è incarnata con una forza caratteriale che ben evidenzia il suo ruolo di mediatrice e, allo stesso tempo, di guardiana delle dinamiche locali. Federica Bisegna riesce a infondere al personaggio una presenza scenica autoritaria, ma velata da un'ombra di disincanto.
I due Arthur, assistenti di K., vengono rappresentati con grande vivacità e dinamismo. Gli attori, Andrea Lauretta e Mattia Zecchin donano ai personaggi un'energia frenetica e quasi clownesca, che contrasta con il tono cupo e oppressivo dell'intera rappresentazione.
Ben resa e cristallina è la figura di Barnaba. Cristiano gli dà un'aria di compostezza quasi servile, con una recitazione misurata e controllata che suggerisce un’apparente disponibilità, ma anche una totale sottomissione al sistema burocratico in cui è immerso.
Decisamente originale la scelta che delinea il personaggio di Mizzi, la moglie del sindaco (Rossella Colucci), inizialmente, come immobile e imperturbabile, pronta solo ad asseverare le affermazioni del marito (un bravissimo Alessio Barone), e, successivamente, frenetica e svampita nella sua ricerca disordinata di un documento introvabile. Attraverso questa interpretazione Mizzi appare come un simbolo della borghesia impassibile e imperturbabile che gravita attorno al potere.
Molto interessante e rappresentato con efficacia è il personaggio di Olga (Alessandra Lelii): dapprima sembra lasciva e spregiudicata, ma poi lascia affiorare il suo dramma. Olga diventa così una figura che, pur incarnando desiderio e trasgressione, è segnata dalla disperazione e dall’emarginazione che avvolgono la sua famiglia.
A coronamento di tutto troviamo Bürgel, uno dei funzionari del Castello, interpretato da Lorenzo Pluchino con grande abilità nell'incarnare l'elusività e la sfumatura grottesca tipica delle figure kafkiane. E’ un individuo apparentemente cortese e accomodante, ma allo stesso tempo esasperante e inefficace. La recitazione è caratterizzata da un tono mellifluo che però si scontra con un senso di immobilità e inconcludenza.
Geniale l’idea di Vittorio K. Bonaccorso di collegare tra loro, con un gioco sottile, i tre personaggi perno della poetica kafkiana presentando K. come Josef K,, protagonista del Processo e indossando la maschera dell’insetto, protagonista della Metamorfosi, nel finale di grande effetto.
Di grande efficacia appare la scelta dei pannelli che costituiscono la scenografia, così come la colonna sonora che accompagna l’opera, con il leitmotiv della Serenata per archi di Dvorák.
Vedi le produzioni