Il re muore | Rassegna stampa
16 dicembre 2019
“IL RE MUORE” DI EUGÈNE IONESCO E LA COMPAGNIA G.O.D.O.T.
di Giuseppina Pavone
Interpretazione di altissimo livello quella di FEDERICA BISEGNA e VITTORIO BONACCORSO, ma anche delle attrici e degli attori che li hanno collaborati.
Richiede coraggio, determinazione e impegno portare in scena IONESCO, poeta dell’assurdo, visionario e sognatore, scovare tra le pieghe del suo surreale e fantasioso delirio il filo conduttore di una ‘logica’, apparentemente assente, ma che s’impone con forza ed emerge, allorché il percorso della trama si snoda tra fatti e misfatti, narrati e rievocati con un linguaggio, di per sé disarticolato, che si ricompone mano a mano che procede con ritmi rapidi e incalzanti, dialoghi sferzanti, nei quali le parole graffiano e colpiscono, e ‘fanno rumore’ come i muri che crollano assieme al regno e al potere, immaginari più che reali, portando con sé il senso individuale e universale del malessere, il peso dell’ineluttabilità di un destino già segnato, di cui l’inesorabile scorrere del tempo rimarca tutta la drammaticità.
Bérenger, il Re, muore, ed è la morte dell’uomo e dell’umanità tutta, è angoscia cosmica di fronte ad un disfacimento inarrestabile che è anche destrutturazione di un tessuto, il Regno, che si riteneva sostenesse e contenesse la vita, che consentisse (e giustificasse) l’esercizio di un potere assoluto su tutti e su tutto, anche su ciò che, nell’umana logica, non si è in grado di controllare: il sole, le nuvole … (ma, aggiungo, per estensione il pensiero proprio e altrui).
È il significato simbolico di questa rappresentazione che inevitabilmente rende attuale tutto il discorso, conduce ai giorni nostri e trasforma l’apparente “nonsense” in una credibile e logica realtà, di cui la “morte del Re” è drammatica metafora.
Imponente il portato di questo lavoro, ma mi sento di affermare, senza tema di smentita, che l’interpretazione che ne ha fatto la Compagnia G.O.D.O.T. è un indiscutibile ‘valore aggiunto’ al già pregevole contenuto: un impareggiabile VITTORIO BONACCORSO (Bérenger), splendido nel susseguirsi, anche repentino a volte, degli stati d’animo, nei quali la naturalezza ne rileva la padronanza dei significati, modulati sia dalla sua voce, a tratti calda o stridula o piagnucolosa, sia dall’adattamento della mimica … e il tutto colora di senso le parole; perfetta la sua regia e la realizzazione della scena che, nella sua essenzialità, esprime la precarietà dell’esistere, messaggio intrinseco dell’opera; una magnifica FEDERICA BISEGNA (Marguerite), nei suoi splendidi e inarrestabili monologhi, padrona della scena e della storia, nella quale ha lucida e razionale visione della situazione, del tempo che passa e della fragilità dell’umano: è lei, DONNA, che rimane accanto a lui, UOMO, che muore e gli si rivolge quasi con tenerezza, dando voce, nell’ultimo appassionato monologo, al suo forte dispiacere, al suo amore di moglie tradita con Marie, la seconda moglie, e glielo dice a questo punto, quando lui non può più sentire!
Non mi vergogno di dire che mi si sono inumiditi gli occhi per l’emozione!
La Compagnia G.O.D.O.T.? Possiamo affermare, capovolgendo i termini di un detto popolare “… al meglio non c’è fine”! Ad maiora, ragazzi!
Danilo Amione
15 dicembre 2019
"IL RE MUORE", DI EUGENE IONESCO, NELLA STRAORDINARIA MESSINSCENA DI Vittorio Bonaccorso. COMPAGNIA GODOT. TEATRO IDEAL DI RAGUSA.
La vita, la morte, un'unica cosa. Potrà mai l'Uomo reggere questo destino?Accettare di lasciare per sempre l'unica condizione che lo connota? No, ma deve farlo!Senza potersene fare una ragione.Dunque,l'Uomo esce fuori dalla ragione proprio perchè Uomo...
Questa la sintesi de "Il Re muore", testamento spirituale, firmato nel 1962, di Eugène Ionesco. Aderente al tema dell'ultimo istante come sintesi del tutto, proprio del "Finale di partita " di Samuel Beckett, l'opera "conclusiva" del grande drammaturgo francese si fa anche, necessariamente, Teatro nel Teatro. La vicenda del morente Re del Mondo Berenger e delle sue due mogli Marie e Marguerite non ha più Storia, è fuori dalla Storia, non può, dunque, essere una storia da raccontare al pubblico. Quest' ultimo assisterà solo ad una rappresentazione dell'assurdità stessa della vita. Perchè la vita è solo una messinscena cui siamo costretti nell'attesa dell'ultimo istante. Siamo oltre il metateatro di Pirandello, siamo dentro la follia, quella che rifiutiamo mentre la viviamo.Ci siamo e già siamo "archiviati", gli archivi stessi scompariranno, si spegnerà il sole e di noi non resterà traccia. "Vanità e affanni" titolava l'ultimo film di Ingmar Bergman. Bene, per Ionesco vanità e affanni sono inutili, quanto più ci affanniamo tanto più diventiamo ridicoli. Ecco, il ridicolo, la farsa, il comico sono la condizione con cui definire il passaggio dell'Uomo in questo Teatro-Mondo (dell') Assurdo.E Vittorio Bonaccorso nella sua geniale mise en scéne pigia a fondo sul pedale del ridicolo che si fa pietas e alla fine dramma lancinante perchè irrisolvibile, fuori da ogni logica. Fa muovere i personaggi come marionette agite da un burattinaio(sarà Dio?,o, semplicemente, il Destino, si chiedeva Bufalino) e la lezione di Ronconi diventa evidente, anche con quel muro-simbolo fratturato e impossibile da ricomporre che si muove quasi danzando sulla scena, a fare da sfondo al macabro balletto di chi si trova prigioniero suo malgrado ( abbiamo forse chiesto di nascere?) di una farsa tragica di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Il viso smarrito di Bonaccorso, anche straordinario interprete di Berenger, racchiude in sè tutte le ragioni stesse della non ragione, delle quali è pieno l'immenso testo di Ionesco.
Giusto sottolineare, anche, le impeccabili interpretazioni di Federica Bisegna come Marguerite, di Federica Guglielmino come Marie , di Lorenzo Pluchino come dottore-alchimista, di Ciccio Piccitto come "fiero" scudiero e di Rossella Colucci come Juliette, la serva, forse la più consapevole di tutti...
Roberto Farruggio (operatore culturale)
Credo che i primi muscoli che un attore debba esercitare dall'inizio del suo percorso siano quelli facciali. Magari mi sbaglio. Però ieri sera Vittorio, Federica Bisegna, Federica Guglielmino, Lorenzo, Ciccio e Rossella, la Compagnia GoDoT l'ha e l'hanno dimostrato in pieno. Come sempre del resto. Infatti sono più innamorato dei loro visi di cui vado alla ricerca sul palco con la mia macchinetta fotografica, tralasciando ultimamente le scenografie delle loro mise-en-scène, ieri e come sempre "discretamente eccelse". Come del resto (al di là dell'ossimoro) le scelte musicali di Vittorio, la "danza già teatro" che i sei attori hanno disegnato sul piccolo palco della sala, le luci che l'hanno accompagnata con lo sguardo e la perizia sempre attente del Service Iozzia in un primo atto de Il Re Muore di Eugène Ionesco all'Ideal consumato in una serata da lupi. Aver visto Le Sedie, Finale di Partita, ieri Il Re Muore, ovvero l' "Assurdo teatro di battaglia" della G.o.D.o.T.che in questi anni ha accompagnato le nostre riflessioni non può che rendermi entusiasta del percorso che grazie a loro noi tutti, io in primis, compiamo. È un percorso obbligato, in questo mondo di falso entusiasmo e in cui nessuno sa più bene che faccia ha, per cui dobbiamo essere grati alla Compagnia. Concordo con l'analisi di Vittorio sullo spettacolo ed è impossibile non tracciare una linea di continuità con le tre opere sopra descritte (e anche altre di Ionesco come La Cantatrice Calva per esempio, a mio modesto parere), in cui il tema di "sorella morte" e questo inesorabile finire dell'uomo e del mondo che lo circonda aleggiano quasi come premurose intimazioni di quel che sarà e di quel che non potrà non essere. Del resto io sto scrivendo questi miei pensieri dopo un anno che ho trascorso e che ho attraversato tra molteplici morti e funerali, a cominciare dalla mia povera mamma nel teporoso mese di maggio. Al contrario di Bérenger, io quasi ho convissuto con la morte in questi ultimi tempi (forse anni), cercando spesso di riderne (come l'ironia di Ionesco aiuta a fare non solo ne Il Re Muore) e al contrario del re ne accetto l'esistenza cercando di esorcizzarla con il mio famoso #sorrisosullelabbra -non sempre possibile- ma auspicabile. E, per quanto mi riguarda, chi sono i personaggi che accompagnano Bérenger in questa sua ultima battaglia per la vita e con cui danza sul palco in un ultimo rantolo di opposizione alla morte? Per me siamo noi stessi, altri in cui ci rivediamo; nelle due figure femminili di Margherita e Marie per esempio in cui rivedo il me di tanti anni fa che sospira d'amore -Marie- e la cinica e fredda Margherita che da qualche tempo sta cominciano a tappezzare -finalmente oserei dire- il mio in-sensibile animo (perché di sensibilità si muore); la fida guardia in cui ho rivisto la presenza forte ma spesso dietro le quinte dei miei genitori, perché non è facile rassegnarsi al fatto che non ci siano più; il medico-chirurgo e batteriologo di Corte che mi ha ricordato la mia perenne lotta con la razionalità, la certezza del sapere che non ammette nessun dubbio, tutto ciò contro cui la mia perenne voglia di nuvole e orizzonti di cielo si è battuta, spesso non capendo quanto impari fosse la lotta; la serva Juliette chiamata e richiamata ai suoi doveri che mi ha ricondotto agli "avvertimenti" ricevuti, alle ramanzine, ai doveri anch'essi ineluttabili fino a quando poi diventano solo il tempo che è stato e non sarà più. In tutto questo mi muovo, io, Bérenger che vuole ancora spaccare il mondo, benché questa sia una fatica che avrei dovuto compiere tanti anni fa, quando ero forte e giovane e il mio "regno" era ancora integro e non in sfacelo. Ma la crepa era già presente in quel mio regno, non l'ho ricucita come vanamente tentano di fare Juliette e Margherita... e sapete perché? Perché tutti dobbiamo "crepare" anche se #conilsorrisosullelabbra .... che non sia però di beffa! E intanto andiamo avanti... grazie Ionesco, grazie Beckett, grazie Compagnia GoDoT.
Paola Stella
Meraviglioso spettacolo "Il re muore" di Ionesco, con la regia del grande Vittorio Bonaccorso. Pièce non facile per il tema trattato e per i lunghi monologhi di Federica Bisegna e dello stesso Vittorio, che però hanno espresso con grande maestria. Si medita... si riflette sul senso della vita e della morte, ma anche si sorride quando, per esempio, il re diventa patetico (vorrebbe vivere in eterno) o ridicolo dando ordini assurdi a tutti e a tutto (all'erba di ricrescere!) ma che nessuno può eseguire. Si rende conto che non può più esercitare alcun potere e che la morte si avvicina ineluttabilmente. Si chiede allora cosa resterà di lui negli altri quando non ci sarà più. Immagina, desidera, pretende cose maestose.
E io mi chiedevo, mentre ascoltavo i dialoghi, a come reagirei io se mi dicessero che ho solo un'ora e mezza di vita, come il re Bérenger di Ionesco.
Spettacolo denso di sentimenti: l'amore, l'invidia, la paura, la sete di potere, la vendetta, la devozione...
Tutti gli attori bravissimi, e molto belli i costumi, le luci, le scene e le musiche a tratti felliniane.
Complimenti vivissimi alla Compagnia G.o.D.o.T.
Federica Bisegna e Vittorio Bonaccorso
GRANDE SUCCESSO PER IL DEBUTTO DELLA NUOVA PRODUZIONE “IL RE MUORE” DI EUGÈNE IONESCO, INTERPRETATO IN MODO STRAORDINARIO DAGLI ATTORI DELLA COMPAGNIA GODOT CON LA REGIA SUGGESTIVA DI VITTORIO BONACCORSO.
RAGUSA - L’avvento della morte vissuta da diversi punti di vista, tra la speranza di poter sopravvivere e l’inesorabile consapevolezza che nasce dalla conoscenza che diagnostica e prevede la morte stessa. È questo il tema centrale dell’opera teatrale “Il Re muore” di Eugène Ionesco, andata in scena lo scorso fine settimana, il 13, 14 e 15 dicembre presso il Teatro Ideal di Ragusa con la straordinaria interpretazione degli attori della Compagnia G.o.D.o.T. di Ragusa diretta da Vittorio Bonaccorso e da Federica Bisegna. Tre giorni di successi ed applausi per una trama complessa ma leggera allo stesso tempo e che, grazie alla riuscitissima messa in scena, ha affrontato un tema delicato e particolare. Può l’uomo di oggi dare una ragione alla fine della sua vita? A questo interrogativo ha provato a rispondere il bravissimo e impeccabile Vittorio Bonaccorso, nel ruolo centrale del sovrano Berènger, che affronta le sue ultime ore tra la cinica razionalità della Regina Marguerite, sua prima moglie rappresentata da Federica Bisegna, protagonista dell’allucinato e sconvolgente monologo finale, e l’alchimista e dottore di corte interpretato dal bravissimo Lorenzo Pluchino, contrapposti all’ambigua speranza di sopravvivenza della sua seconda moglie Marie, interpretata dalla brava e giovane Federica Guglielmino. Sullo sfondo la vita di corte di un impero ormai decaduto e scricchiolante rappresentato dall’arguzia e l’intelligenza della serva, teatrata dalla brava Rossella Colucci e la guardia rappresentata dell’impeccabile Francesco Piccitto. Accompagnato dagli elementi scenici efficaci, sospesi tra una crepa che avvolge le storie dei personaggi e tre troni reali, il sovrano Berenger rappresenta l’uomo con tutte le sue debolezze e finte convinzioni e che solo dinnanzi alla morte si rende conto di aver sprecato il proprio tempo. Il proprio potere al cospetto delle sue ultime ore di vita è ormai del tutto nullo e spinge il pubblico a riflettere sulle proprie sorti e fortune, proprio come ha voluto il regista Vittorio Bonaccorso che ha volutamente creato un pathos che abbraccia gli spettatori. Uno spettacolo complesso ma anche ironico che suggerisce un'unica possibilità di sfuggire al nulla dopo la vita: la capacità di creare, inventare, scrivere. La capacità insomma di essere ricordati diventa dunque l’unico modo di sfuggire alla morte. Eccezionali, toccanti e magistralmente messi in scena sono stati i monologhi di Vittorio Bonnaccorso che, insieme alla perfetta scenografia movente ispirata dal teatro nero di Praga, sono stati i pilastri centrali nello svolgimento dell’opera. Due ore intense ma capaci di incantare e divertire tutti i presenti tra i quali molti giovani e giovanissimi che hanno seguito con attenzione ed interesse l’intera rappresentazione. Un lavoro intenso e profondo che è stato possibile mettere in scena grazie anche alle collaborazioni di Benedetta Mendola, Alessio Barone, Mario Predoana e Alessandra Lelii. Una menzione particolare va fatta di diritto agli spettacolari costumi curati con dovizia di particolari da Federica Bisegna. La Compagnia G.o.D.o.T. di Ragusa è riuscita in questa piccola e al tempo stesso grande impresa, quella di aver portato in scena il testamento spirituale di Eugène Ionesco pubblicato nel 1962. Un ennesimo successo di pubblico e di critica per quella che a tutti gli effetti è senza dubbio una compagnia tra le più attive ed audaci del panorama teatrale ragusano. Il Teatro Ideal tornerà ad ospitare gli attori della Compagnia G.o.D.o.T. il giorno di Natale alle ore 19:00 per il sesto anno consecutivo con il consueto “Canto di Natale” i cui proventi verranno interamente donati in beneficenza. Successivamente a gennaio, il 4, 5 e 6, con la rappresentazione de “Il Raccontafiabe” di Luigi Capuana e magistralmente adattato da Federica Bisegna, la Compagnia G.o.D.o.T. si trasferirà temporaneamente al Piccolo Teatro della città di Catania. Per qualsiasi altra informazione è possibile consultare il sito internet www.compagniagodot.it o, in alternativa, visitare la pagina facebook della Compagnia.
16 dicembre 2019
ufficio stampa
Carmelo Saccone per MediaLive
Un weekend `Assurdo` con la Compagnia Godot
Lucia Nativo Divertimento 15 Dicembre 2019 Spettacolo
Ragusa, 15 dicembre 2019 – Dopo un’estate rovente con Edipo Re, Medea e Pluto, ancora una volta la Compagnia Godot vuole stupire il proprio amato pubblico cimentandosi nella grande opera teatrale “Il Re muore” di Eugene Ionesco, portata in scena per la primissima volta a Parigi nel lontano 1962 e riproposto da Vittorio Bonaccorso e Federica Bisegna della Compagnia teatrale ragusana in questo fine settimana al teatro Ideal a Ragusa.
La trama narra di Berenger, sovrano dell’Universo, affetto da una malattia incurabile, e delle due regine, la dolce Marie e la saccente Marguerite, venute a conoscenza della sua malattia grazie al medico di corte, che discutono sulla possibilità di rivelare questa notizia al loro marito e sovrano. Alla fine la notizia viene rivelata, e Berenger, incredulo, non vuole convincersi della sua imminente morte. Il protagonista si crede ancora in possesso del suo potere, non solo sulle cose, ma anche sulle persone e soprattutto sulla natura, per poi scoprire suo malgrado che quello che gli stava accadendo lo aveva privato delle proprie forze. Il tema principale è quello della morte, un’atmosfera carica d’angoscia e un protagonista che fa di tutto per ritardare l’esito conclusivo. Berenger è l’uomo, inteso come genere umano, che non riesce a governare gli eventi, né avere potere sulla natura. Il significato dell’opera teatrale sta in questo: capire che la morte non è il contrario della vita, bensì una condizione presente dell’esistenza. L’unica arma per cercare di contrastare ciò è lasciare traccia di sé per far sì che gli altri possano ricordare il nostro “essere stati”. Per questo si scrive, ci si inventa, si costruisce, si parla, si recita.
“Il Re muore è uno dei testi straordinari della storia della letteratura e della drammaturgia contemporanea, ormai diventato un classico in tutto il mondo, presentato dalle più grandi compagnie teatrali”, è il commento di Vittorio Bonaccorso, che ha il ruolo di Berenger. “Ci siamo voluti confrontare con l’ultimo testo teatrale di Ionesco, un testo particolare in cui confluiscono la sua filosofia e il suo modo di pensare. Ritroviamo la profondità del pensiero degli autori del teatro dell’Assurdo a mano a mano che leggiamo le battute. Noi della Compagnia Godot siamo una grande squadra, che con impegno cerchiamo di portare in scena uno dei testi più incredibili e tragicomici che esistono. Già abbiamo debuttato venerdì e sabato, oggi andremo nuovamente in scena alle ore 18.00 al teatro Ideal”
“L’angoscia esistenziale che ci trasmette Ionesco è davvero allucinante”, dichiara Federica Bisegna, che ha il ruolo di Marguerite, la prima sposa di Berenger. “Si tratta di un’opera che parla della condizione umana e del destino dell’uomo, ovvero la morte, la quale è parte della vita. Io penso che questa rappresentazione è un inno all’attaccamento alla vita. Come nell’opera Berenger è alla fine del suo viaggio, anche noi siamo alla fine del nostro percorso settimanale, fatto di prove, di grandi sacrifici, di riflessioni. Per noi è stato come scalare una montagna, nonostante siamo abituati a confrontarci con grandi opere teatrali, questo è un testo impegnativo, a causa del binomio su cui viaggia tutta la storia, ironico e drammatico. La forza di Ionesco sta in questo, di spiazzarci continuamente, in quanto dopo un momento onirico, triste e poetico immediatamente c’è un momento ironico, divertente e dissacrante”.
“Spesso accade che quando si parla di teatro dell’Assurdo si pensa subito a qualcosa di lontano, cupo ed incomprensibile, in realtà il teatro dell’Assurdo è molto vicino al pensiero umano, perché mette in risalto le abitudini e le paure dell’uomo”, ha commentato Lorenzo Pluchino, giovane attore della Compagnia Godot, che nel “Re muore” interpreta il medico. “Io stesso mi sono accorto che nella vita di tutti i giorni mi è capitato di ripensare alle battute che ho provato la sera prima perché i fatti stessi mi hanno portato a pensarci. Per me, il senso del teatro dell’Assurdo è riflettere sulla nostra quotidianità.”
Lucia Nativo
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