Note di regia
“Il cittadino sa che andare a teatro è un suo dovere. Non è più necessario che scelga lo spettacolo tale o talaltro [...] ci deve andare per forza, perché è suo dovere!”
(da Il teatro dell’obbligo di K. Valentin)
“La comicità più singolare che da tempo mai si vedesse sulla scena: una danza infernale della ragione attorno ai due poli della follia.” Così Tucholsky presentava l’arte di Karl Valentin.
Ogni sera, per lo più nei Tingel Tangel bavaresi, locali fumosi ingombri di sedie e tavolini, un pubblico variegato applaudiva le apparizioni della sua silouette allampanata. Ma negli anni venti, mescolati a quel pubblico, si entusiasmavano per Valentin anche esseri così diversi come Brecht, Hesse, Dalì e Polgar. La sua clownerie metafisica gli aveva fatto inventare ciò che decenni dopo sarebbe stato chiamato teatro dell’assurdo. E le sue scene e monologhi, ricamati sull’esasperazione, apparivano come una grandiosa conferma della “inadeguatezza di tutte le cose, compresi noi stessi”.
Con Valentin abbiamo un lungo trascorso e lo abbiamo messo in scena tante volte, per esempio in Due biglietti per l’Amleto, spettacolo che ripercorreva alcuni dei suoi più famosi testi, in una girandola di situazioni comiche e paradossali tra cui il corto teatrale “Amleto pantomima autoptica” che ha valso alla Compagnia la segnalazione per la massima originalità al Festival Internazionale di Regia Fantasio Piccoli.
Adesso ritorniamo al nostro primo incontro con questo geniale autore e al suo testo più conosciuto – Tingeltangel, appunto – che portiamo nel cuore nel ricordo della nostra straordinaria messa in scena con Piccolo Teatro di Catania.
Vittorio Bonaccorso