Note di regia
Gioiello nascosto della scrittrice napoletana Matilde Serao, La virtù di Checchina è la grande storia di una piccola vita intrappolata nella grigia quotidianità di un matrimonio ormai consunto. Ambientato nella Roma borghese di fine Ottocento, questo breve romanzo carico di ironia si rivela di spiccata modernità e finezza psicologica nel ricostruire il travagliato processo interiore che porta la sua inerme protagonista a sognare prima e progettare poi l’incontro adultero con il bel marchese d’Aragona. Checchina Primicerio non è un’intrepida e scaltra Madame Bovary: ormai rassegnata alla monotonia apatica delle sue mansioni domestiche, girovaga per le fredde stanze della sua casa come un goffo tacchino in preda alla noia che non sa da che parte andare; né, tuttavia, la sua condizione mesta le impedisce di lasciarsi trasportare dalle fascinose avances del marchese, che come un pavone variopinto giunge nella sua rassicurante ma castigante voliera a insinuare la prospettiva di un amore voluttuoso che risveglia in lei una femminilità ormai sopita. La presenza – in realtà assenza – di un marito avaro e indifferente ai suoi bisogni di donna, e quella di una serva bigotta che alimenta le sue remore di natura morale, contribuiscono a frenare i timidi, impacciati tentativi di volo; ma più di questo, vi è in Checchina la consapevolezza di «non avere niuna di quelle cose che servono all’amore», un castrante senso di inadeguatezza acuito dal confronto con l’amica Isolina, donna tutt’altro che devota alla fedeltà coniugale che a differenza di lei sa bene come amministrare a dovere le sue molteplici tresche. In questo inedito adattamento per il teatro, i personaggi che ruotano attorno a Checchina divengono ombre prive di corpo, quasi fossero proiezioni di stati d’animo contrastanti che la protagonista è incapace di gestire; così, la regia affida a un solo attore l’arduo compito di tenere assieme il coro dissonante di queste voci, lasciando che la trama si sposti continuamente dalla narrazione in prima persona alla costruzione di dialoghi che non è lecito sapere se siano davvero della realtà, o parte di un fantasioso tentativo di evasione da questa. Sul palco, l’ironia già manifesta nella scrittura dell’autrice diventa, per mezzo dell’attore, viva comicità, modulandosi attraverso un’interpretazione bizzarra, a tratti volutamente esagerata che quanto più induce alla risata, tanto più insinua, una volta richiuso il sipario, un’amara riflessione sull’intimo conflitto tra le infinite possibilità dell’essere e la realtà – ben più misera – di un volatile da cortile che provando a inseguire pavoni si ritrova a non sapere come usare le ali.
Note di regia
La virtù di Checchina è forse il testo più felice della Serao, che con grande intuizione il nostro interprete ha scelto per riappropriarsi delle scene troppo a lungo abbandonate. William Ansaldi torna – e torna alla grande – con un testo impegnativo da un punto di vista ritmico e dalle occasioni interpretative multiple. Un piacere metter mano a questo ottimo adattamento per un solo attore, renderlo fruibile per il teatro: una nuova opportunità, per me, di esprimere al massimo l’aspetto un po’ visionario di un concerto di personaggi al limite del grottesco. L’ingenuità, la freschezza e la sensibilità di Checchina si mescolano abilmente alle intrusioni dai caratteri ora forti, ora invadenti di quanti popolano la sua casa. Una carrellata di voci, duetti, azioni, condite da coreografie evocative e suggestive, danno alla pièce, apparentemente monologante, un taglio brillante ed eclettico, a tratti anche poetico, rendendo il palco gremito di attori. Uno spettacolo che saprà far parlare di sé.
Donatella Zapelloni
William Ansaldi: breve biografia!
Nasco a Ragusa il 23 luglio 1983, quindi sono siciliano. A nove anni ancora non sapevo nulla dell’esistenza di una lingua chiamata italiano, o meglio italiano standard, così mi sembrò la cosa più naturale del mondo dire da un palco «’u ma nomi è Caliddu»: era il 1992, la compagnia teatrale “La Giara” di Giarratana portava in scena il Liolà di Pirandello ed io ero Caliddu, figlio proprio di questo Liolà. Dopo dieci anni di spettacoli nella compagnia lascio la Sicilia e mi trasferisco a Roma: contemporaneamente agli studi universitari – che mi hanno portato al conseguimento della laurea specialistica in Letteratura – seguo un corso biennale di formazione per attori professionisti, presso la scuola di Corrado D’Elia “Teatri Possibili”, scoprendo così l’italiano di cui sopra. Parallelamente inizio a studiare canto e partecipo a numerosi stage sull’uso del corpo e della voce. Dopo esser stato in scena con numerosi spettacoli a Roma e provincia, partecipo a un corso biennale di perfezionamento per attori-cantanti presso l’Accademia Casa dello Spettacolo, e studio recitazione con il grande Giuseppe Marini, danza moderna con Mvula Sungani e Stefania Pacifico, canto con Silvia Gavarotti. Tra gli ultimi lavori: La vedova scaltra di Carlo Goldoni in un inedito adattamento per dieci personaggi e due soli attori; E allora rido! One man show…o quasi, spettacolo che ha avuto oltre trenta repliche in tutta Italia; Il carnevale degli insetti di Stefano Benni con la “Compagnia Godot” di Ragusa; Le lido, il musical (con la straordinaria Claudia D’Ottavi); Napoli punto e virgola (che mi ha dato l’onore di dividere il palco con Iaia Corcione), e poi ancora Cabaret-musical, Quaranta e non sentirli, Homenaje a Garcia Lorca e tanti altri. Sono attualmente impegnato nella preparazione del nuovo spettacolo, La virtù di Checchina di Matilde Serao; questo romanzo approderà per la prima volta a teatro e a dirigermi – anche stavolta – ci sarà l’occhio attento e mai indulgente della regista Donatella Zapelloni. Il debutto è previsto per marzo 2019 con repliche a Roma e provincia, Sicilia e Veneto.