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La morte e la fanciulla

di Ariel Dorfman

con

Vittorio Bonaccorso
Federica Bisegna

Note di regia

In un paese recentemente liberato dalla dittatura una donna, Paulina, riconosce nella voce di un visitatore casuale quella del medico che le ha inflitto la corrente elettrica nelle parti genitali e l’ha ripetutamente stuprata molti anni prima, quando era prigioniera politica. Decide di mettere il mostro sotto processo, ma in privato, con il marito avvocato come unico testimone. Il problema morale dell'individuo (da una parte una supposta vittima innocente, dall'altra il supposto carnefice colpevole) si complica subito quando le parti (di accusato e di persecutore) sono invertite. Chi è puramente innocente? E come giustificare la vendetta, l'inchiesta e la punizione decise dal giustiziere individuale? E' solo il primo passo in questo dramma, che porta lo spettatore a dubitare del discrimine che separa innocenza e colpevolezza, sia per gli altri sia per sé stesso. Il passo successivo, che è quello decisivo per questa piéce teatrale, è l'intrecciarsi della moralità individuale con quella collettiva, sfortunatamente inseparabili l'una dall'altra da questa parte del Paradiso".

 

(dalla prefazione al testo, edito da Garzanti, di Guido Almansi e Claude Béguin )

"questo testo di finzione tratta problemi presenti in tutto il mondo per tutto il ventesimo secolo, in tutta l'umanità; e in tutti i tempi. Esso descrive non soltanto gli effetti duraturi della tortura e della violenza su certi esseri umani e sulla bellezza della loro terra, ma evoca anche altri temi; come dire la verità; se la maschera che hai scelto si confonde con i tuoi lineamenti? come può la memoria lusingarci e salvarci e guidarci? come conservare la nostra innocenza dopo aver assaggiato il frutto del male? come perdonare quelli che ci hanno ferito irreparabilmente? Come trovare un linguaggio che sia politico ma non propagandistico? come raccontare storie che siano popolari e ambigue al tempo stesso, storie che possano essere capite da un vasto pubblico e che tuttavia diano spazio alla sperimentazione stilistica, che siano mitiche ma parlino anche di esseri umani concreti?"

 

(dalla postfazione al testo dell'autore)