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Il teatrino delle meraviglie

di Miguel De Cervantes

con

Federica Bisegna
Vittorio Bonaccorso
e gli attori della compagnia

Note di regia

Questa incondizionata volontà di verità, che cos'è dunque? È la volontà di non lasciarsi ingannare? È la volontà di non ingannare?“

(F. Nietzsche, La gaia scienza)

L’idea di mettere insieme due autori e due opere così diversi tra loro, sia per lo stile, sia per i contesti e i periodi storici in cui sono vissuti, può sembrare alquanto insolito. Li avvicinano, però, i temi su cui si basano le due opere: la finzione, l’inganno e la verità. Sono entrambe brevi: la prima, di Cervantes, scritta nel 1615 tratta dell’esasperato antisemitismo che tanta crudeltà ha creato nei primi decenni del 20° secolo; la seconda, di Rodari (di cui ricorrono i 100 anni dalla nascita) è mutuata dal racconto di Andersen, il quale a sua volta ha ripreso un tema della letteratura spagnola del 1300 e cioè dall’opera di Don Juan Manuel Il conte Lucanor e i suoi exempla. Entrambe giocano sull’inganno perpetrato da due ciarlatani tramite la finzione: ne Il teatrino delle meraviglie Cianfaglia e Cirinos convincono gli astanti che soltanto chi non ha sangue ebreo potrà vedere ciò che accade sul loro palco; così ne I vestiti nuovi dell’imperatore i due Sarti gabbano il re tessendo una stoffa che non esiste dicendo che soltanto chi è intelligente potrà vederla. Qui si innesta un altro tema, quello della verità. Da bambini ci viene insegnato che bisogna sempre dirla, ma quando diventiamo adulti, se continuiamo a dire la verità sempre e in ogni caso, la nostra vita diventa un inferno. Kant risponde al “presunto diritto di mentire per amore dell’umanità” sostenendo che la menzogna resta un crimine anche se detta a un assassino che ci chiedesse se nascondiamo un amico da lui perseguitato. Il concetto di finzione si trova alla base della corrente filosofica del finzionalismo dove la finzione assume il valore utilitario e pratico di voler credere che a fronte di certe idee o principi astratti vi sia una corrispondenza con la realtà. Per questo si sostiene che la finzione non per forza vuol dire inganno e che sia una delle forme attraverso cui il reale si mostra. E’ vero che il termine "finzione" (dal latino fictio) nel linguaggio comune si usa come sinonimo di falsità, menzogna, inganno, sotterfugio, ma in senso più largo si riferisce anche all’attività del costruire, formare, strutturare, elaborare e, inoltre, pensare, immaginare, supporre, ideare, inventare: tutti termini che esaltano la creatività e di cui l'arte scenica dimostra chiaramente il valore.
Vittorio Bonaccorso