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Hinkemann

Spettacolo Ospite
da Ernst Toller

con

Il teatro del canovaccio di Catania

Note di regia

HINKEMANN da ERNST TOLLER - 1921-22

Con Saro Pizzuto - Sabrina Tellico - Fiorenza Barbagallo - Salvo Musumeci - Gianpaolo Costantini - Nanni Battista - Alfio Zappalà – Gabriele Arena

REGIA Elio Gimbo

L'adattamento e la messa in scena di Hinkemann – mutilato di Ernst Toller da parte del Teatro del Canovaccio inaugura una trilogia dedicata all'espressionismo tedesco; grazie anche alla consulenza dell'istituto di letteratura tedesca della facoltà di Lettere di Catania l'obiettivo della trilogia, fin da questo primo capitolo, sarà una riflessione sui rapporti tra “società di massa” e semplificazione autoritaria. La grande stagione del teatro espressionista tedesco degli anni '20 fu profondamente influenzata, sono gli anni di Weimar, da una analoga combinazione sociologica. A fronte della nuova crisi economica e culturale che investe l'Europa, troviamo drammaticamente utile tornare ai temi di quella esperienza artistica, partendo dalle drammaturgie che ne scaturirono più che dalle realizzazioni estetiche che ne seguirono.

Il testo: Tragedia sociale di Ernst Toller (Szamocin-1893, New York 1939) scritta tra il 1921 ed il 1923 nel carcere di Niederschoenenfeld,  lo scrittore scontava cinque anni di reclusione a causa della partecipazione alla “Repubblica dei Consigli” bavarese (Raterepublik) di cui fu uno dei massimi responsabili politici. L'opera è un appassionato esempio di teatro espressionista tedesco  di cui Toller fu uno dei massimi esponenti. Il tema principale è la totale disillusione del protagonista, un operaio evirato da un incidente sul lavoro, verso qualsiasi ideale di progresso e di felicità, ciò a causa del conflitto insanabile tra la propria condizione, vissuta come tragicamente ridicola, ed il nostro modello sociale; l'Hinkemann di Toller è una moderna figura tragica schiacciata da una società piccolo-borghese che condanna al ridicolo, alla negazione di qualsiasi dignità sociale, colui che si trovi a non poter esercitare la propria sessualità. La grandezza del testo sta proprio in questa sua capacità di rinnovare, in modo coerente e giustificato, un profilo tragico di tipo “classico” alla crisi di un modello sociale, quello contemporaneo del capitalismo, che, al contrario dei modelli precedenti, non sembra più offrire appigli alla maturazione di una letteratura pienamente “tragica”; Toller realizza questa possibilità attraverso un giudizio della nostra condizione esistenziale sostanzialmente dominata da omologazione, da conformismo, da idee ridotte al rango di credenze e superstizioni, in altre parole è il contesto dominante dell'ideologia piccolo-borghese ad essere trasformato in contesto tragico; tale condizione, nella società di massa europea, non ha alternative, né formule o dottrine che la possano realmente riscattare, non ne ha perché nel suo grigiore non è più capace di immaginare un'utopia; Toller ci restituisce la descrizione di un contesto sociale che è oppressivo quanto più invece ritiene di essere portatore di benessere e felicità diffusa, ma nessun pensiero, nessun sentimento, nessuna struttura sociale, in questo deserto piccolo-borghese, che non si sa se è scelto o capitato, può credibilmente riscattare la posizione di Hinkemann, ecco il nucleo del meccanismo tragico di Toller.

La messa in scena del teatro del Canovaccio: Proprio allo scopo di valorizzare l'universalità di questo nucleo tragico, nel nostro adattamento traduzione e regia si propongono di sfumare una troppo precisa unità di tempo e luogo, così la vicenda viene traslata ad una generica contemporaneità (la “società delle immagini”, la “società liquida”), e allargata ad un contesto genericamente “europeo”, ormai compiutamente sovranazionale; dall'espressionismo il teatro contemporaneo ha ereditato la capacità linguistica di descrivere, un personaggio così come una società, per stilizzazioni simboliche, e questo è molto vicino alle pratiche di lavoro del gruppo teatrale del Canovaccio. Del resto c'è un ultima considerazione resa possibile proprio da una comparazione tra gli anni '20 della Germania ed il primo decennio del nuovo secolo, e riguarda il pressoché totale  fallimento dell'avvento di un “Nuovo Pensiero” che aveva accompagnato l'ingresso nell'”era duemila”, mai come oggi la nostra società appare “prigioniera” dei modelli del '900; appare impossibile fare a meno delle categorie novecentesche, a chi ancora conservi la facoltà del pensiero critico e voglia capire qualcosa di ciò che sta accadendo al nostro mondo così come lo conosciamo. Fin qui questo “Nuovo Pensiero” sembra piuttosto occuparsi di una rimozione autoritaria e perfino arrogante della cultura, e questo al solo scopo di convincerci, per esempio, che in questa “Nuova Era” le classi sociali ed il loro conflitto non esistono più, o meglio, non “devono” esistere più.