Note di regia
In un bellissimo libro dal titolo Perchè leggere i classici, Italo Calvino dice: "I classici sono quei libri di cui si sente dire di solito: "Sto rileggendo" e mai "Sto leggendo". Ciò vale ancora di più con William Shakespeare, "inventore dell'umano", perchè ri-leggerlo è come leggerlo per la prima volta. Quest'impressione si rafforza assistendo alla messa in scena delle opere del genio di Stratford-upon-Avon. Tra la lettura e la messa in scena di un capolavoro però esiste una forma intermedia, la più antica, la più efficace, la più immediata: la narrazione. Il teatro di narrazione si diffonde in Italia intorno alla metà degli anni ottanta del secolo scorso. Alcuni attori-autori, ispirandosi alle grandi esperienze del monologo teatrale a cominciare da Dario Fo, Roberto Herlitzka, Marco Baliani, Franca Valeri, Lella Costa, iniziano a presentarsi sulla scena senza lo schermo del personaggio per raccontare storie, senza rappresentarle. Nel panorama attuale molti giovani attori si sono cimentati in questa forma di teatro, a partire da Vincenzo Pirrotta, Marco Paolini, Davide Enia, Ascanio Celestini, e molti altri. Federica Bisegna fa parte di questa schiera di artisti che hanno la capacità, non solo di essere autori-autrici dei testi raccontati ma anche di affrontare testi di autori importanti, affascinando con la parola tanto da far dimenticare l'assenza di scene ed orpelli vari e di fare immergere totalmente lo spettatore nella storia. Basti pensare ai diversi spettacoli quali "L'attrice" che tanto successo ha avuto a Ragusa, Catania e Roma; "Il profumo" di P. Suskind; "La tessitrice delle notti" da Le mille e un notte; "Il Cirano" di E. Rostand; "La favola dei saltimbanchi" di M. Ende. Così come Shakespeare re-inventa l'uomo, così Federica Bisegna ri-propone l'opera con quella che è l'antica tecnica del teatro di narrazione, quella dei "Cuntisti" (Mimmo Cuticchio sopra tutti), liberandola cioè dalla parola scritta e donandole la freschezza della parola in divenire, che nasce in quel preciso momento e che si nutre del respiro del pubblico. Una tecnica che coniuga la capacità interpretativa con quella dell'improvvisazione, nel rispetto della trama e del pensiero dell'autore, tecnica della quale Federica Bisegna è divenuta un'esperta.
Vittorio Bonaccorso
Ho scelto di raccontare il Macbeth, che è la più breve tragedia di Shakespeare, dove tutto si compie con irrimediabile velocità, la più cruenta, "la tragedia di sangue" immersa in una notte cupa che sembra non avere mai fine, perchè il suo tema è attualissimo. Infatti sono l’ambizione e la brama di potere a spingere Macbeth e la sua terrificante sposa Lady Macbeth a compiere azioni tanto crudeli ed efferate. In questo dramma visionario dell'interiorizzazione Macbeth è il più sfortunato protagonista shakespeariano, dotato della più fervida immaginazione". Ogni attività è soffocata dall’immaginazione e nulla è, per me, tranne ciò che non è". Macbeth, con le sue paure, la sua ferocia soffre profondamente sapendo di compiere azioni malvagie e di doverne compiere di peggiori, il nostro immedesimarsi in lui è involontario ma inevitabile, "Hai dunque paura di essere, nell’azione e nel coraggio, quello stesso che sei nel desiderio?".
Federica Bisegna