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Cavalleria Rusticana

di Giovanni Verga
Scalinata della cattedrale di San Nicolò, Noto

con

Federica Bisegna
Vittorio Bonaccorso
e gli attori della compagnia

Note di regia

Giovanni Verga scrisse Cavalleria rusticana nel 1880, all'interno della raccolta Vita dei campi, ed è espressione della corrente Verista di cui è impregnata tutta la sua opera e in cui la società non è giudicata, ma ritratta con crudele lucidità. La tragedia nasce non da delle colpe, ma dall’impossibilità di sfuggire alle leggi non scritte della comunità. Qui, come in opere come La lupa, i personaggi sembrano vittime predestinate, il cui motore tragico sono la passione e la gelosia. Il titolo della novella è un'espressione ossimorica: accosta il concetto di "cavalleria", legato all’onore aristocratico medievale, a "rusticana", cioè contadina, popolare. Verga mostra come anche nel mondo rurale esistano codici d'onore violenti, grezzi, ma sentiti come assoluti e che regolano la vita della comunità. Comunità che vede al centro la condizione femminile, nel doppio ruolo di vittima o di manipolatrice, ma sempre subalterna.
Il linguaggio semplice, asciutto – con inserti dialettali – fa risaltare quelli che per Verga sono i “tipi sociali”: Turiddu, il giovane siciliano dominato dall'orgoglio e dalla passione, rappresenta l'uomo del Sud legato al codice d’onore; Santuzza, simbolo della donna abbandonata, dell’esclusione sociale e della sofferenza emotiva; Lola, incarnazione della seduttrice priva di remore morali; Alfio, l’uomo che fa giustizia da sé, portavoce del codice d’onore rurale.
Cavalleria rusticana è conosciuta in tutto il mondo soprattutto grazie a Pietro Mascagni che nel 1890 la musicò e ne fece uno dei simboli del melodramma italiano. Per questo abbiamo voluto utilizzare una rielaborazione di quelle musiche straordinarie, per sottolinearne ancor di più la forza drammatica ed emotiva.

 Vittorio Bonaccorso

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