Roberto Farruggio su "Il malato immaginario"
Roberto Farruggio su "Il malato immaginario"
Il Malato Immaginario - Compagnia GoDoT
Ne “Il malato immaginario” di Molière, portato in scena dalla Compagnia GoDoT ieri al Teatro Marcello Perracchio di Ragusa (con repliche oggi, domani e domenica) ho rivisto la mia vita negli ultimi 15 anni circa, forse anche 20. Mi perdonerete se ogni volta ribalto su di me le fatiche della Compagnia e quel che un’opera come “Il Malato Immaginario” evoca agli occhi di chi è molto più competente del sottoscritto a metterne in evidenza aspetti letterari, teatrali e la trama di ciascuno dei personaggi creati dalla penna cinica e disillusa di Argante/Molière, pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin. In essi, tutti o quasi, mi sono rivisto nella mia condizione di paziente, sognatore, credulone, sciocco e pazzo (pare che il termine “immaginario” nella Francia del XVII secolo volesse appunto dire “pazzo”) alle prese anche con la Sanità e con tutto ciò che rende sempre più liquida la società di oggi. Bauman, per me, si lega perfettamente a Molière e Jean-Baptiste a sua volta a Pasolini, in quell’intrecciarsi tra individualismo sfrenato e morìa sempre più conclamata dell’idea di comunità di cui è artefice quel primo elemento, l’apparire a tutti i costi e il consumismo dal quale saremo sempre più fagocitati. Con Argante intento a contabilizzare quanto medicine e clisterini gli siano costati a causa di pseudo medici del tempo che lo hanno convinto di quanto fosse malato, si apre il solito affresco (solito perché tanti autori del passato, come mi insegna Vittorio, ci ammoniscono continuamente sulle storture sociali già in voga in tempi più che passati ma che pare, l’uomo del 21° secolo, dimenticarsene sempre) della pièce di Molière che fa parte della trilogia portata in scena dalla Godot dopo “Il borghese gentiluomo” e “L’Avaro”. Ecco dunque una serie di quadri scenici che si dipartono da questo momento fino alla fine, alla “agognata e farsesca” laurea in medicina di Argante che chiude un po’ in modo rocambolesco la trama de Il Malato. Argante non è altro che uno che si sa fare bene i conti, ricco, forse anche lui credulone a tratti, patriarcale (si può dire?) e che ha bisogno di toccare con mano (o sentire con l’orecchio) la dura realtà perpetrata a suo danno da chi lo circonda, senza affidarsi a chi tale realtà gliela dispiega ogni santo giorno. Io non sono ricco (forse sono stato leggerissimamente benestante per qualche tempo), né patriarcale ma tanto credulone ed ingenuo e che si è fidato sempre del suo istinto quando lo stesso, senza accorgermene, era manovrato furbescamente dagli altri, lo stesso istinto che ora è alla mercè di tutti e che tutti mi rimproverano perché non ha mai portato nulla di concreto, tranne quando il concreto l’ho creato a beneficio di altri (forse se fossi stato patriarcale nei confronti di questi, ora non sarei preda di ripetute crisi di identità).
Tonina, la governante di Argante, donna sveglia, che sa ragionare e che come il suo padrone si sa fare bene i conti e creare strategie atte poi a chiudere la storia come ha pianificato. Invidio Tonina, io forse non so nemmeno il significato di strategia o pianificazione e ormai vecchio sono ancora preso e sballottolato da chi è capace a farlo senza colpo ferire, e mi consegno a questi invitandoli con nonchalance a passare sui miei ripetuti cadaveri, e tutti, tranne pochi, lo fanno veramente e volentieri.
Belinda, seconda moglie di Argante, è la moglie (la seconda, figuriamoci la prima) che tutti non desiderano. Macchievellica (il buon Nicolò aveva già sparso i semi della sua filosofia quasi due secoli addietro), la sua vita è un continuo crogiolarsi su come raggiungere questo e quello, che non sono mai pari ma un quello deve essere sempre maggiore di questo, perché lei è nata per arraffare, per conquistare tutto per sé. Tempo fa mi innamorai (forse non so il significato nemmeno di questo verbo) di una persona così. Vabbè, non proprio così però anche lei approfittò alquanto della mia imbecillità e solo dopo la resa dei conti finale (resa che fu solo mia davanti allo “strategico” attacco perpetrato ai miei danni) si eclissò dalla mia vita come la luna quando è adombrata dalla Terra. Anch’io mi eclissai dalla vita e mi adombrai alquanto non avendo capito quanto fosse opportuno quella eclissi, dopo 7/8 anni di disonorato servizio ai suoi profitti.
Il Signor Purgone, il Sig. Diaforetico e il figlio di questi Tommaso fanno parte di quella Sanità del XVII secolo che tenne in cura Argante senza che questi sapesse il perché. Nella mia vita mi sono imbattuto spesso (non sempre ad onor del vero) in esperti medici, primari e figure collegate al complicato mondo sanitario che mi hanno steso sul lettino operatorio tante e tante volte, e senza nemmeno che io lo avessi chiesto. Ormai sono malato immaginario da più di 20 anni e come Purgone, Diaforetico and son (sciocco quasi quanto me, io di più probabilmente) ho dovuto combattere contro l’arroganza, la falsità e l’astuzia di tali personaggi in camice bianco e in giacca e cravatta (non sempre) che mi hanno buggerato quando e come hanno voluto e senza, anche qua, che io potessi prendere le opportune contromisure.
Angelica e Luigina sono le figlie di Argante. Lo invidio, forse solo per questo. Io sognavo di avere un figlio, anzi, una figlia perché da sempre credo che il femmineo sia molto più capace e forte della pseudo virilità maschile. Da Angelica, innamorata di Cleante e che rifiuta per forza di cose il matrimonio impostogli dal padre con lo sciocco di Tommaso Diaforetico ammaestrato dal suo astuto padre, credo di dover imparare tanto in tema di innamoramento. E di Luigina, la figlia più piccola, devo imparare come si fa ad essere, alla sua età, così consapevole e coscienti di quel che ci circonda se vogliamo evitare, come credo, che a guidarci sia sempre e solo il destino (Jung).
Infine Cleante e Beraldo. Cleante sono io, con quel suo modo sdolcinato di corteggiare Angelica e e di ricorrere allo stratagemma, anche lui, di sostituirsi al Maestro di Musica di Angelica per riuscire a stare con lei. Probabilmente Cleante è un bambino come me a cui piace saltellare per amore. Ed è anche fortunato, dato che Beraldo, fratello di Argante, finalizza lo stratagemma di Tonina e alla fine insieme fanno in modo che la trama finisca come sognato da Angelica, Cleante e lo stesso Argante, Dottore Honoris Causa in Medicina.
E così, nello svolgersi della trama e delle scene, eccomi ripassare lucidamente 20 anni o quasi della mia vita perché il Teatro è questo, recitare bene ciò che nella vita si recita male, come diceva Eduardo. E credetemi, con la Compagnia Godot, questa è pura verità. Grazie e chapeau a tutti voi!
Si sta per entrare in scena.... SIPARIO!!!
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