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Jojo e il paese di domani

Spettacolo di Fine Corso
da Micheal Ende

con

gli allievi della compagnia
Testo e Costumi - Federica Bisegna
Regia - Vittorio Bonaccorso

Note di regia

“La fantasia ci schiude mondi nuovi…”

In uno squallido spazio fabbricabile, il giorno prima che i lavori abbiano inizio, circondato dalle sagome cupe di grosse industrie, si trova una compagnia di artisti girovaghi, disperati perché ormai privi di un qualunque pubblico: hanno dovuto vendere il contenuto di tutti i loro carri, persino i cavalli che li tiravano, e ora, privi di tutto, sono costretti ad abbandonare anche il terreno in cui si trovano. Potrebbero salvarsi firmando un contratto con una ditta chimica, che li assumerebbe e li pagherebbe per reclamizzare i suoi prodotti. Unica condizione: abbandonare Eli, una ragazzina dodicenne, orfana e ritardata, che tre anni prima avevano accolto tra loro. Eli è rimasta minorata proprio a causa di una nube tossica, liberatasi da una fabbrica dell'azienda che ora vorrebbe assumere i saltimbanchi.
La storia è divisa in sette quadri dove il piano della realtà e quello della finzione si fondono progressivamente in continui flashback, che immergono lo spettatore in un mondo fatto di creature mostruose e di specchi magici, per poi riportarlo nella realtà e viceversa.
Lo spettacolo (ripreso dopo alcuni anni dal suo debutto e che vedeva come unica narratrice Federica Bisegna) è ora riproposto in una nuova versione che vede coinvolto tutto il Gruppo Lab. Junior della stagione in corso.

Tra il teatro di narrazione e la pantomima, è una metafora che mette l’accento - anche se in modo poetico ed onirico - sul problema più grande dei nostri tempi: la distruzione sistematica della natura da parte dell’uomo, tramite la diffusione nell’aria e nell’acqua di sostanze velenose, causa di malattie che colpiscono soprattutto i bambini, i quali rappresentano il nostro futuro.

La favola che il clown JoJo’ racconta alla piccola Eli diventa metafora della libertà dell’arte e dell’amore che cercano di opporsi al potere ottuso: quello economico e politico che si occupa solo dei propri interessi e che non si preoccupa dei problemi sociali. Inoltre, sottolinea il grande tema della diversità e dell’emarginazione che sta diventando sempre più pesante, non solo per la prevaricazione dei più forti verso i più deboli, ma anche per l’indifferenza che caratterizza tutti gli strati della nostra società.

Vittorio Bonaccorso