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Il teatro comico

di Carlo Goldoni

con

Federica Bisegna
Vittorio Bonaccorso
Giuseppe Arezzi
Alessio Barone
Marco Cappuzzello
Rossella Colucci
Benedetta D'Amato
Emanuele Di Maria
Andrea Di Martino
Alessandra Lelii
Lorenzo Pluchino
Althea Ruta
Mattia Zecchin - luci e fonica
Federica Bisegna - Costumi
Vittorio Bonaccorso - Regia

Note di regia

“Questa, ch’io intitolo Il Teatro Comico, piuttosto che una Commedia, prefazione può dirsi alle mie Commedie.”
(C. Goldoni)

In questa 17^ stagione di Palchi Diversi nella quale riprendiamo uno dei testi contemporanei più importanti che si riferiscono al metateatro, cioè Sei personaggi in cerca d’autore, vogliamo affrontare un altro capolavoro del “teatro nel teatro”, stavolta in forma comica.

Manifesto programmatico, pieno di riflessioni per la riforma goldoniana, l’opera è costruita sulla falsariga della Impromptu de Versailles di Molière, dove è sfruttato l’espediente metateatrale per portare in scena una compagnia durante le prove.

Il teatro comico di Goldoni più che una commedia è una sorta di libretto delle istruzioni per chi voglia cimentarsi con l’arte della regia e del palcoscenico in genere. Al centro di tutto è Orazio, che ricalca la figura del capocomico (Medebach), il quale anima una serie di conversazioni individuali e confronti con gli attori sulla necessità di una riforma dei personaggi ereditati dalla Commedia dell’Arte; un’urgenza dettata dalle aspettative del pubblico goldoniano della seconda metà del ‘700. Questi, infatti, non va più a teatro soltanto per ridere, godendo delle maschere, ma vuole godere delle parole, dei lazzi e della morale “cavati dal serio medesimo”.

Così, come l’autore e gli attori, anche gli spettatori sono chiamati da Goldoni a riflettere su se stessi per partecipare in modo più consapevole e maturo alla fruizione dello spettacolo, sottolineando anche la necessità di un linguaggio teatrale pedagogico, per giungere ad una trasformazione continua ed unitaria delle varie forze teatrali, l’organizzazione, il drammaturgo, il testo, l’attore e il pubblico. Una lezione che dura nei secoli e ripropone con schemi e linguaggi diversi sempre qualcosa di nuovo, “anzi d’antico”: il rapporto tra forma e sostanza, tra contenitore e contenuto. Per noi, reduci dalle soddisfazioni godute ne L’avaro di Molière, tuffarsi a capofitto in un simile capolavoro significa, non solo ritrovare lo stesso divertimento ma interrogarsi costantemente sulla necessità di questo lavoro: l’essenza stessa del fare teatro.            

Vittorio Bonaccorso